Dopo la decisione del governo di interrompere i principali vantaggi previsti dal Superbonus edilizio, indicato come causa di sperpero di denaro pubblico, è scoppiato inevitabilmente lo scontro tra l’esecutivo e le imprese di settore, culminato in una protesta dimostrativa lo scorso 21 marzo a Genova. Il pomo della discordia è costituito in particolare dai cosiddetti crediti incagliati, che mettono a rischio migliaia di cantieri e posti di lavoro. Roma potrebbe tornare, almeno in parte, sui propri passi con alcuni emendamenti ad hoc ma l’iter legislativo è ancora incerto. Ne abbiamo parlato con Regina De Albertis, presidente di Assimpredil ANCE, l’Associazione delle imprese di costruzione edili di Milano, Lodi, Monza e Brianza, la più grande realtà territoriale di ANCE a livello nazionale.
A cura della Redazione
Presidente De Albertis, bentornata su Scenari Internazionali. Dopo settimane di polemiche e accuse incrociate in materia di Superbonus edilizio, pochi giorni fa la VI Commissione Finanze della Camera ha approvato un pacchetto di emendamenti al Decreto Legge n. 11/2023 che si propone di venire incontro alle richieste delle imprese. Mancano ancora i passaggi in Camera e Senato ma si apre uno spiraglio per cercare di evitare lo scontro. Siete soddisfatti?
È difficile dare una risposta quando 19 miliardi di crediti, stima dell’Agenzia delle Entrate, sono incagliati e la liquidità delle imprese è in sofferenza.
ANCE, la nostra Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, sta facendo una battaglia durissima per tutelare le imprese, sicuramente le modifiche apportate al decreto 11/2023, che accolgono alcune proposte avanzate dal nostro sistema, fanno chiarezza sul regime transitorio. Chiarimenti indispensabili in quanto il Provvedimento è stato introdotto in misura troppo repentina lasciando alcuni aspetti di dubbia interpretazione.
Riceviamo molte richieste di aiuto da soci con crediti incagliati e, purtroppo, abbiamo poche risposte da dare: non è ancora stata individuata dal Governo una soluzione efficace. Credo che abbiate visto i nostri articoli media e le partecipazioni televisive ma non avete visto le note e i documenti che da molti mesi elaboriamo per sottoporre proposte concrete e fattibili ai tecnici e ai politici. Ci stanno lavorando, ma bisogna intervenire subito perché la situazione è molto difficile per le imprese.
Se non si risolve rapidamente questo grave problema dei crediti, rischiamo di compromettere il futuro del tessuto di competenza e di capacità di lavoro che oggi il mercato ha. Chiaramente, uno stop dei cantieri si rifletterebbe anche su migliaia di famiglie.
L’urgenza, in questo momento, è di dare risposte alle molte imprese che si trovano a fronteggiare una pericolosa crisi di liquidità che si aggiunge alla già difficile congiuntura inflattiva che potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro, fenomeni di usura e aumento della criminalità.
La sottovalutazione di questo problema rischia di condannare il nostro Paese ad una brusca frenata e ad un pericoloso crollo di fiducia.
A febbraio il governo aveva puntato il dito contro il Superbonus, quanto meno così come era stato pensato in precedenza, descrivendone l’andamento con numeri impietosi: un costo complessivo di 105 miliardi di euro per le casse statali, ovvero circa 2.000 euro a cittadino, e truffe per circa 9 miliardi, con un aumento ingiustificato dei materiali edili. È andata proprio così? Se dovessimo soppesare effetti positivi e negativi del provvedimento, da che parte penderebbe la bilancia?
La crescita nel 2021 e 2022 è stata trainata dalla domanda interna, soprattutto nella parte investimenti fissi lordi (+18,6% nel 2021, +9,4% nel 2022), e tra i settori produttivi spicca il contributo fornito dal settore delle costruzioni, che negli ultimi due anni ha rappresentato il principale motore di crescita dell’economia. Circa un terzo della crescita, secondo le stime dell’ANCE, nei periodi considerati è attribuibile all’edilizia (32,9% nel 2021 e 30,8% nel 2022).
Tornando al discorso del costo del Superbonus per lo Stato, non voglio usare i dati elaborati dal Centro Studi ANCE a dimostrazione dei benefici apportati al Paese e per questo richiamo un recente Rapporto di Nomisma che evidenzia che l’impatto economico della misura risulta positivo, nonostante attualmente gravi sulle casse dello Stato. L’incentivo fiscale, che ha evidentemente un costo, di fatto genera sull’economia nazionale un valore rilevante.
La misura ha contribuito consistentemente al PIL dell’intero sistema economico riuscendo a compensare la spesa ed a generare un valore aggiunto. Infatti, la spesa aggiuntiva in costruzioni derivante dal Superbonus induce un effetto diretto sulla produzione nel settore stesso ed in tutti i settori che devono attivarsi per produrre semilavorati, prodotti intermedi e servizi necessari al processo produttivo.
Le costruzioni interagiscono con l’80 % di tutti i comporti economici. Ogni settore attivato direttamente ne attiva altri in modo indiretto: una catena di azioni e reazioni tipica della filiera.
Da non dimenticare poi l’effetto indotto: le produzioni dirette ed indirette remunerano il fattore lavoro con redditi che alimentano una spesa in consumi finali che a sua volta richiede maggiori produzioni.
L’investimento dello Stato ha fatto da leva per una crescita che da anni in Italia non si registrava e questo vuol dire anche tassazione che lo Stato ha incamerato e che non avrebbe avuto.
Sappiamo benissimo di alcune storture che si sono verificate sul mercato testimoniate dalla nascita di oltre 16.000 nuove imprese dall’oggi al domani, non qualificate, spesso composte da una sola persona.
Da subito avevamo chiesto che fosse introdotta una qualificazione per chi operava in questo settore, ma abbiamo dovuto aspettare che esplodessero le truffe per vedere introdotta la SOA obbligatoria. ANCE è da sempre favorevole ai controlli e alla qualificazione delle imprese: chi opera scorrettamente danneggia prima di tutto chi ha scelto la legalità e una sana concorrenza.
Imprese qualificate e organizzate possono garantire la realizzazione di interventi complessi sugli edifici pubblici e privati secondo standard e costi adeguati, un mercato oscuro penalizza chi investe in innovazione e sostenibilità.
L’analisi che abbiamo fatto sulla casistica delle frodi da bonus evidenzia che non è sbagliato prevedere incentivi fiscali finalizzati a efficientare energeticamente il nostro patrimonio costruito ma bisogna farlo con regole chiare e controlli stringenti. L’Ecobonus prevede validazioni e certificazioni, elementi che allungano e rafforzano la catena del controllo dando maggiori garanzie rispetto al processo di altri bonus minori.
Circa due settimane fa, il Parlamento Europeo ha approvato – con una maggioranza tutt’altro che netta – la cosiddetta direttiva sulle case green. Ora il testo dovrà passare al vaglio delle negoziazioni con la Commissione e il Consiglio UE. Tra le novità principali c’è l’obbligo della classe energetica E entro il 2030 e della classe D entro il 2033 per tutti gli edifici residenziali non a norma. Nella pratica si parla di centinaia di migliaia di edifici da adeguare con lavori di ristrutturazione anche complessi. Quali i costi previsti? Come vi state preparando a questa eventualità?
Forse poco si è detto sul fatto che questa direttiva prevede dal 2027 analogo obbligo per gli edifici pubblici e credo che si debba parlare di case green dopo che avremo capito come mettere a terra l’obiettivo di edifici pubblici green.
L’obiettivo indicato dalla Direttiva Ue per un grande piano di riqualificazione energetica degli edifici è condivisibile ma per farlo è necessario individuare strumenti e risorse che consentano di adattare le previsioni alla realtà italiana: la transizione ecologica non è a costo zero.
La sfida che arriva dall’Europa, soprattutto considerando le peculiarità del patrimonio immobiliare italiano, è importante per la mole dei lavori che sarebbero da realizzare e può essere vinta solo con regole chiare, sin dalla partenza.
Il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi internazionali ed europei sull’efficientamento energetico e sulla sostenibilità ambientale è una opportunità se accompagnato da tutti gli strumenti legislativi programmatori e finanziari necessari, sia a livello europeo che nazionale e locale.
È un dovere costruire e riqualificare all’insegna della sostenibilità ma senza incentivi la strada è in salita, in particolare se dovremo rispettare i tempi che l’Unione Europea si è data e che ci ha dato per adeguarci! Abbiamo efficientato 2.900 edifici all’anno nel triennio 2018-2020, prima del superbonus. La direttiva europea richiede un ritmo di intervento pari ad almeno 180.000 edifici all’anno. Potremmo farlo perché è un numero in linea con quanto realizzato, in media, negli anni 2021 e 2022, con la possibilità di cedere i crediti maturati. Dobbiamo, però, fare tesoro degli errori che ancora stiamo pagando e riuscire a mettere in campo un provvedimento che consenta alle imprese sane di crescere e alla nostra filiera di accompagnare la trasformazione green delle costruzioni.
Se dovessimo tornare ai ritmi del triennio 2018-2020, la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, fissata per il 2050, sarebbe completata in un orizzonte di 3.800 anni. Alla luce della Direttiva, anche solo il primo step, fissato sul 15% degli edifici, non sarebbe raggiungibile prima di 630 anni.
Tornando ai costi previsti è difficile fare una stima precisa. Sono circolati sulla stampa alcuni dati che tuttavia richiedono una più puntuale verifica legata anche alla tipologia, caratteristica e storia di ciascun edificio.
Escludendo – si spera – le aree vincolate, come i centri e i borghi storici o i luoghi di interesse artistico-culturale, gli interventi di efficientamento energetico mettono in campo un vasto know-how in materia di sostenibilità, ormai preponderante nell’industria dei materiali edili. Come si realizza un’abitazione al giorno d’oggi? Quanto conta l’impatto sociale e ambientale nei vostri investimenti?
Mai come oggi chi fa il nostro mestiere è impegnato ad integrare nelle operazioni commerciali e nei rapporti con gli stakeholder obiettivi di carattere sociale ed ecologico, attraverso un processo che non può che essere scelta libera e volontaria, strettamente legata al DNA dell’impresa e della sua governance.
La strategia di investimento per lo sviluppo di un nuovo intervento immobiliare pone analoga attenzione all’analisi finanziaria rispetto a quella ambientale e sociale, al fine di creare valore per chi investe e per la comunità nel suo complesso.
Ma si badi bene: green compliance non è un concetto astratto. È l’adesione concreta dei soggetti apicali dell’impresa, che fanno scelte organizzativo-gestionali volte a ridurre l’impatto ambientale e sociale dell’attività aziendale sull’ecosistema.
Sono le azioni verso la sostenibilità messe in campo che divengono un asset primario, al centro delle scelte di business, non solo in termini di efficienza e riduzione dei costi interni, ma anche come fondamentale fattore di brand reputation e di posizionamento sul mercato.
Molte imprese del settore sono impegnate nella riconfigurazione dei modelli produttivi in chiave ESG. Purtroppo, la maggioranza agisce ancora senza la consapevolezza del valore delle azioni intraprese, senza la capacità di comunicare e veder riconosciuto il valore per la collettività generato dalle sue scelte aziendali.
Per dare voce a questa parte del sistema produttivo è nato il nostro Codice di Condotta Cantiere Impatto Sostenibile, il codice di autoregolamentazione volontario basato su 8 impegni, con livelli crescenti di complessità.
Un cantiere sostenibile è tale se rispetta tutti gli impegni previsti di decarbonizzazione, tutela dell’ambiente ed economia circolare, legalità, regolarità del lavoro, sicurezza, attenzione all’impatto sociale e alla filiera di fornitura nell’ambito più generale della “responsabilità sociale d’impresa”.
È bene sottolineare che Cantiere Impatto Sostenibile non è una certificazione ma un impegno a precise e misurabili scelte della governance aziendale sostenibili ed è un modello per declinare il percorso ESG a livello di ogni singolo cantiere.
Ciascuno degli impegni ha tre livelli da superare con azioni misurabili, comunicabili e controllabili: una scelta di miglioramento continuo, nella logica PDCA (Plan Do Check Act), per una reale transizione alla sostenibilità.
Per rispondere alla sua domanda, un’abitazione oggi si progetta e si costruisce secondo logiche di sostenibilità a partire dai consumi energetici ma non solo. È centrale anche la valutazione del contesto in cui è collocato l’intervento: il verde e i servizi, l’accessibilità e le infrastrutture, la qualità complessiva incide sul valore della casa.
La mia azienda ha realizzato SEI MILANO, un bellissimo intervento che non ha solo generato il parco urbano più grande della città ma anche riqualificato il quartiere e permesso di sperimentare tecnologie all’avanguardia sull’efficientamento energetico: un’operazione di successo, anche commerciale, che il mercato ha premiato.
Così si trasformano le città e si costruiscono luoghi sostenibili in cui vivranno le generazioni future.
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