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Dal 2 al 4 marzo scorsi, la città di Oristano si è vestita a festa per il tradizionale appuntamento della Sartiglia, organizzato ogni anno l’ultima domenica e martedì di Carnevale. Al di là del significato storico, che racchiude costumi ed usanze molto antichi, risalenti al Medioevo, la manifestazione sta aumentando sensibilmente la sua popolarità internazionale, candidandosi ad alimentare il turismo invernale in una regione, la Sardegna, che sta cercando con forza di destagionalizzare e diversificare l’offerta. Eravamo presenti per saperne di più.
di Francesca Dessì
ORISTANO – Dopo tre giorni di festa, spettacolo e tradizione, si è chiuso il sipario sull’ultima edizione della Sartiglia, sa Sartiglia nell’idioma locale, la tradizionale giostra equestre di Oristano. Si tratta di una ricorrenza che si tramanda dal Medioevo. Ogni anno, con l’arrivo del Carnevale, la città sarda si colora di storia, cultura e memoria. La Sartiglia è infatti rito, sfida, spettacolo ma soprattutto il simbolo di un’eredità plurisecolare, radicata nell’anima degli autoctoni.
Come ci ha spiegato il Sindaco di Oristano, Massimiliano Sanna, «la sua lunga storia l’ha fatta entrare nella tradizione della città, nella vita delle famiglie e in quella delle istituzioni». Il primo cittadino ha poi aggiunto: «È l’evento che più di tutti caratterizza Oristano, che coinvolge centinaia di famiglie oristanesi impegnate nei suoi preparativi ma è anche uno degli eventi identitari più importanti della Sardegna, unanimemente riconosciuto, apprezzato e seguito con entusiasmo da decine di migliaia di persone che ogni anno affollano la città».
Il nome della giostra equestre trae origine dal castigliano sortilla, a sua volta derivato dal latino sorticula, che significa “anello” ma anche “fortuna”. Oltre cento cavalieri, guidati dal capocorsa, il cosiddetto su Componidori, mascherati e vestiti in eleganti abiti di fattura sardo-spagnola, si lanciano al galoppo, anche loro abbelliti di rosette e lustrini fatti a mano, cercando di centrare la stella, tenuta sospesa da un filo. Come molte giostre all’anello, la Sartiglia veniva anticamente praticata per celebrare vittorie militari, nascite, matrimoni o visite di reali.
Un tradizione fortemente radicata nel passato
Le origini della Sartiglia vanno ricercate nelle gare equestri medievali, praticate già dai Saraceni e diffuse in Occidente dai Crociati tra il 1118 e il 1200. Tuttavia, gli storici attestano la nascita della giostra equestre all’XI secolo, quando in Europa furono introdotti i giochi militari per l’addestramento delle milizie. I fitti rapporti intercorsi nel XIII e nel XIV secolo tra i regnanti oristanesi, i cosiddetti Giudici di Arborea, e la nobiltà dell’Italia comunale inducono a pensare che i sovrani locali fossero già a conoscenza dei giochi militari e li abbiano poi riproposti nel proprio territorio. Nel tempo, i tornei hanno subito diversi cambiamenti. In particolare nel XV-XVI secolo, quando gli spagnoli trasformarono queste esibizioni in una vera e propria giostra equestre basata sulla corsa alle stelle. In quel periodo, i forti legami tra la Corte Aragonese e quella d’Arborea consentirono a molti ragazzi del Giudicato di essere istruiti nella regione iberica, dove quest’esercizio cavalleresco era già ampiamente praticato. I più antichi documenti sulla Sartiglia risalgono infatti al periodo della dominazione spagnola, intorno al 1547-48. Un registro di consiglieri del 1546 descrive in modo dettagliato una “Sortilla” organizzata in onore dell’Imperatore Carlo V [Fondazione Oristano, Sardegna Magazine. Storia, tradizioni, emozioni, Anno XIV – n. 1/2025].
Da allora, secondo le carte storiche, non si ci sarebbero mai state interruzioni e la manifestazione si sarebbe tramandata intatta, sebbene ormai il Comune le affianchi ogni anno una diversa campagna sociale. Quest’anno, come ha illustrato il Sindaco Sanna, si è voluto «utilizzare lo straordinario veicolo della Sartiglia per lanciare un messaggio contro la violenza sulle donne attraverso una rosetta rossa sistemata su tutti i 120 cavalli».
La festa viene organizzata ancora oggi dalle antiche corporazioni di arti e mestieri: il Gremio dei Contadini di San Giovanni Battista e il Gremio dei Falegnami di San Giuseppe, entrambi custodi della memoria della giostra equestre.
In età spagnola, le città del Regno di Sardegna istituirono sette gremi ispirati ai modelli catalani. Si trattava di corporazioni religiose che regolavano le attività dei soci artigiani e le celebrazioni in onore del Santo patrono. Alla fine ne rimasero soltanto due, quello dei contadini e quello dei falegnami, per l’appunto, che finanziavano ed organizzavano la Sartiglia. I due gremi, che persero le loro funzioni nel 1864, continuano ad esistere e a tramandare le tradizioni della giostra equestre [Fondazione Oristano, Ibidem].
Per rievocare quel periodo storico viene riproposto ogni anno il corteo di Eleonora d’Arborea, in onore della Giudicessa, protagonista assoluta della storia isolana. Nei giorni della Sartiglia, una figurante a cavallo che la rappresenta sfila attraverso le vie del centro storico, affiancata dalle dame in abiti d’epoca, ricreando l’atmosfera dell’epoca in cui Eleonora guidò il Giudicato e promulgò la versione definitiva della Carta de Logu, un codice di leggi in lingua sarda tra i più avanzati d’Europa.
Come si svolge l’evento nel contesto cittadino
A distanza di secoli, la Sartiglia ripercorre immutati i riti di cinquecento anni fa, miscelando il folklore con la tradizione. L’ultima domenica di Carnevale si cimentano i cavalieri del Gremio dei Contadini, mentre il martedì grasso tocca a quelli del Gremio dei Falegnami. Il lunedì è invece dedicato ai giovani, con la Sartigliedda. Si parte dalla vestizione di su Componidori, il capocorsa, che segna l’inizio della festa. Il cerimoniale, che si svolge nella sede del Gremio di appartenenza, simboleggia la trasfigurazione del cavaliere in un semi-dio.
Il protagonista maschile viene vestito da is Massaieddas, due ragazze in tipico costume sardo, guidate da sa Massai Manna. Ogni loro gesto è solenne ed è scandito dal suono di tamburi e trombe. Il cavaliere indossa pantaloni di pelle, camicia bianca – addobbata di nastri rossi la domenica, di nastri rosa e celesti il martedì – e giacca che si protrae sul davanti. Una maschera copre il volto, bianca per i Falegnami, color terra per i Contadini [“Sartiglia senza tempo”, https://www.sardegnaturismo.it/].
Una volta vestito, su Componidori, che non può toccar terra, dal tavolo della vestizione viene direttamente issato sul cavallo, dove rimarrà per tutto il giorno, senza mai scendere fino alla sua svestizione. Terminato il rito, il capocorsa guida i cavalieri fino al Duomo, dove incrocia per tre volte la spada col suo secondo ed apre la serie di discese per infilzare la stella. I momenti della corsa sono scanditi da rulli di tamburi e squilli di trombe.
Dopo di lui è il turno di tutti gli altri cavalieri, scelti personalmente dal Componidori, che consegna loro l’onore della spada. Terminate le discese, il cavaliere e i suoi due aiutanti, su Secundu e su Terzu, hanno il privilegio di provare a prendere la stella con su stoccu, una lancia di legno. Si tratta di una pratica difficile, tanto che durante l’edizione di quest’anno nessun concorrente è riuscito nell’intento. Domenica 2 marzo, al termine di 87 discese, sono state centrate 18 stelle, mentre il martedì grasso successivo, dopo 86 discese, sono state centrate 19 stelle, con ben 4 stelle d’oro.
La manifestazione si conclude con sa Remada, durante la quale su Componidori si lancia rovesciato all’indietro sulla groppa del destriero e benedice la folla in segno di buon auspicio con sa pippia de maiu, “bambina di maggio” o “mazzolino di maggio”, un doppio mazzo di pervinche, viole e mammole. Alle corse seguono, in Via Mazzini, le scenografiche esibizioni delle pariglie, dove gruppi di tre cavalieri compongono piramidi, ponti ed altre acrobazie con il corpo in bilico sui cavalli. All’imbrunire, la giostra equestre volge al termine.
Veicolo di crescita e promozione del territorio
La festa carnevalesca si sposta nelle piazze fino a tarda notte, tra concerti, spettacoli e street food, che include le zippule e i fatti fritti, tipici dolci fritti sardi, oltre alla vernaccia locale. In questa edizione, l’afflusso di visitatori, in particolare nelle giornate di domenica e di martedì, è stato superiore rispetto agli anni precedenti, facendo registrare il tutto esaurito nelle strutture ricettive e ricavi significativi per le attività commerciali.
Un ottimo risultato che trova conferma nei numeri riportati dal Sindaco: «Ben 119.200 persone transitate sui percorsi nelle sole giornate di domenica e martedì, 12 milioni di visualizzazioni sui canali social, 400.000 spettatori per le dirette streaming». E, ovviamente, non finisce qui: «Sulle tribune si è registrato il tutto esaurito: in totale sono stati venduti 5.699 biglietti e solo 7 tagliandi per la stella di martedì sono rimasti al botteghino. La stima nei tre giorni della manifestazione è di 100 mila presenze in città».
«Sono stati tre giorni di spettacolo, tradizione ed emozioni intense», ha spiegato il primo cittadino, che ha aggiunto: «L’evento ha registrato un’affluenza straordinaria con decine di migliaia di spettatori che hanno affollato la città, tra turisti e oristanesi, riempiendo via Mazzini e via Duomo. Un successo che ha visto il tutto esaurito nelle strutture ricettive e ottimi risultati per le attività commerciali locali».
Lo stesso Sanna parla di un giro d’affari notevole, con benefici diretti e indiretti: «Mai come in questo periodo dell’anno le strutture ricettive lavorano a pieno regime. Alberghi, ristoranti, b&b, agriturismo, affittacamere, bar, pizzerie, attività commerciali e artigianali, street food e accanto a loro tutto l’indotto dai trasporti alla pubblicità, dalla comunicazione ai fornitori, turismo, cultura, spettacolo e tradizione lavorano all’unisono a beneficio dell’economia».
Da sempre, infatti, la giostra equestre attira turisti da diverse parti d’Italia e dall’estero, tanto che nel 2018, prima che la pandemia e la guerra sconvolgessero i flussi, erano attesi arrivi da Russia, Germania, Giappone, Ucraina, Francia, Belgio e Gran Bretagna, oltre che dalla Croazia, Paese legato ad Oristano attraverso il gemellaggio tra la Sartiglia e la società cavalleresca dell’Alka di Sinj.
C’è grande soddisfazione anche da parte di Carlo Cuccu, presidente della Fondazione Oristano, costituita nel 2006 col nome di Fondazione Sartiglia, che ricorda come ai numeri già citati «andranno aggiunti quelli delle emittenti che hanno trasmesso la manifestazione in tv: Videolina, Sardegna Uno (in lingua sarda), Tele Costa Smeralda (in lingua inglese), SuperTV Oristano e Tele Sardegna». Dati importanti, che consentono di mandare in archivio «un’edizione di successo, con tante cose che hanno funzionato bene», pur consapevoli che «si può fare sempre di più e in questo senso lavoreremo da subito perché la Sartiglia 2026 sia ancora migliore» [https://www.sartiglia.info, 6/3/2025].
Il Comune di Oristano sta lavorando per attrarre sempre più turisti. Negli ultimi anni, il dato degli ingressi nella provincia è cresciuto, magari con percentuali più contenute rispetto ad altri territori della regione, ma con una progressione costante. L’estate 2024 ha infatti registrato dati molto incoraggianti, con arrivi non soltanto dall’Italia ma anche dall’estero, in particolare Germania, Svizzera, Austria e Paesi Bassi, con un aumento di francesi e spagnoli, come riportava lo scorso settembre il presidente provinciale di Federalberghi, Pino Porcedda [https://www.linkoristano.it, 8/9/2024].
Circa un anno fa, Giulia Contu, presidente del Comitato Turismo della Fondazione Oristano – Università di Cagliari, illustrando i dati elaborati dall’Infopoint di Oristano, notava che il 41% dei turisti che vi erano transitati erano italiani e che, in generale, si concentravano nella fascia di età tra 45 e 65 anni, confermando il territorio come una meta per famiglie e pensionati [https://www.lanuovasardegna.it, 21/3/2024].
C’è ancora molto da fare, insomma, ma la strada è quella giusta, come emerge da quanto ci ha riferito il Sindaco Sanna: «Ogni anno il Comune promuove eventi in città e nella località marina di Torre Grande anche nei mesi estivi. Il turismo “sole e mare” non è più sufficiente. Occorre elaborare e attuare strategie sempre più articolate per intercettare i flussi turistici. In questo senso il Comune è impegnato costantemente, direttamente o al fianco di altri soggetti, per garantire un’adeguata offerta di spettacoli. Mi pare doveroso evidenziare come, a questo proposito, Torre Grande nel corso degli anni, ma soprattutto recentemente, sia diventata un punto di riferimento internazionale per gli sport d’acqua (sup, kite, wingfoil) attirando i più grandi campioni della specialità e una platea di turisti sempre più vasta».
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