Domani, fino al 24 gennaio, tra le località svizzere di Davos e Klosters, andrà in scena il consueto appuntamento con il Forum Economico Mondiale, ideato nel 1971 dall’economista Klaus Schwab, per consentire a rappresentanti della comunità imprenditoriale, politici ed esperti da tutto il mondo di confrontarsi tra loro. Il tema di quest’anno, Stakeholder per un Mondo Coeso e Sostenibile, chiama in causa la necessità di rimodellare il sistema economico globale secondo l’idea di una più solida e coordinata partecipazione comune alla crescita. Alla vigilia dell’apertura, il Forum ha voluto pubblicare un rapporto dedicato alla mobilità sociale, autentica emergenza in un pianeta generalmente ancora poco caratterizzato da una piena cultura del merito e delle pari opportunità.
di Forum Economico Mondiale
DAVOS – Creare società dove ogni persona disponga delle stesse opportunità di realizzare il proprio potenziale al di là del proprio retroterra socioeconomico non soltanto porterebbe enormi benefici sociali nell’ottica della riduzione delle diseguaglianze e di vite più salutari e realizzate, ma rafforzerebbe anche la crescita di centinaia di miliardi di dollari l’anno. È quanto emerge dal Rapporto 2020 sulla Mobilità Sociale, pubblicato oggi dal Forum Economico Mondiale.
L’analisi misura 82 economie rispetto a 5 dimensioni di base, distribuite su 10 pilastri, ritenute necessarie per creare mobilità sociale: Sanità; Istruzione (accesso, qualità ed eguaglianza); Tecnologia; Lavoro (opportunità, salari, condizioni); e Protezioni ed Istituzioni (protezione sociale ed istituzioni inclusive).
Filo conduttore del rapporto è che poche economie presentano condizioni idonee a potenziare la mobilità sociale. Di conseguenza, la diseguaglianza si è consolidata e rischia di peggiorare nel mezzo di un’epoca di trasformazione tecnologica e di sforzi verso una transizione ecosostenibile. Il rapporto identifica 4 aree-chiave tra i 10 pilastri, in cui il progresso – sia nelle economie avanzate che in quelle emergenti – è particolarmente in ritardo: bassi salari; mancanza di protezione sociale; condizioni lavorative non adeguate; e scarsi sistemi di formazione permanente per occupati e disoccupati.
«Le conseguenze sociali ed economiche della diseguaglianza sono profonde e di ampio raggio: un crescente senso di ingiustizia, precarietà, perdita percepita di identità e dignità, indebolimento del tessuto sociale, erosione della fiducia nelle istituzioni, disaffezione dai processi politici e scioglimento del contratto sociale. La risposta delle imprese e dei governi deve includere uno sforzo congiunto per creare nuovi percorsi di mobilità socioeconomica, garantendo a tutti giuste opportunità di successo». A dirlo è lo stesso Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Forum Economico Mondiale.
Il vantaggio economico dall’aumento della mobilità sociale su tutti i fronti è significativo. Stando al rapporto, se le economie fossero capaci di migliorare il loro punteggio di mobilità sociale di 10 punti, il PIL aumenterebbe del 4,4% entro il 2030 sulla spinta di benefici sociali quali gli investimenti ne deriverebbero.
Il rapporto avverte inoltre che se la mobilità sociale richiede un nuovo insieme di investimenti pubblici, è la miscela e la qualità degli investimenti a renderli efficaci, oltre a dover essere affiancati da nuove pratiche di business. Migliorare la mobilità sociale è una sfida collettiva, in cui le imprese devono anche assumere il comando promuovendo una cultura del merito nell’assunzione, fornire una formazione professionalizzante, riqualificare, aggiornare e migliorare le condizioni di lavoro nonché pagare giusti stipendi.
La mobilità sociale nel 2020
Le società con maggior mobilità sociale nel mondo, secondo l’Indice Globale di Mobilità Sociale inserito nel rapporto, sono tutte europee. In questo primo rapporto sul tema in assoluto, le nazioni del Nord Europa detengono i primi cinque posti in classifica, guidate dalla Danimarca, prima con 85 punti, seguita da Norvegia, Finlandia e Svezia (tutte sopra gli 83 punti) e Islanda (82 punti). Ampliando lo sguardo alle prime dieci posizioni, ci sono anche Paesi Bassi, sesti, Svizzera, Austria, Belgio e Lussemburgo.
Tra le economie del G7, la Germania, undicesima con 78 punti, è quella con più mobilità sociale, seguita dalla Francia, in dodicesima posizione. Il Canada è quattordicesimo, seguito da Giappone (15°), Regno Unito (21°), Stati Uniti (27°) e Italia (34a). Passando invece alle principali economie emergenti, la Russia, 39a con 64 punti, è quella con più elevata mobilità sociale nel gruppo dei BRICS. Poco più indietro c’è la Cina (45a), seguita da Brasile (60°), India (76a) e Sudafrica (77°).
Il rapporto esamina anche quali economie stanno traendo il massimo vantaggio dall’aumento della mobilità sociale. In questo caso, la prima in assoluto è la Cina, la cui economia potrebbe crescere di ulteriori 103 miliardi di dollari l’anno o 1.000 miliardi di dollari nel decennio. Gli Stati Uniti sono secondi, con un incremento aggiuntivo di 87 miliardi di dollari l’anno. C’è poi l’India, seguita da Giappone, Germania, Russia, Indonesia, Brasile, Regno Unito e Francia. Ancora più importante, però, è che i vantaggi sono ancora intangibili per quanto riguarda la coesione sociale, la stabilità e l’aumento delle opportunità per più persone di realizzare il proprio potenziale.
I timori riguardo la mobilità sociale pesano enormemente sull’opinione pubblica mondiale. Secondo uno studio condotto da Ipsos in esclusiva per il Forum Economico Mondiale, il 44% degli interpellati nel mondo ritengono che le prospettive per i giovani di oggi in termini di possibilità di acquistare una casa di proprietà saranno peggiori di quelle dei loro genitori, mentre solo il 40% crede che saranno migliori. L’inchiesta ha inoltre stabilito che prevalgono i pareri pessimistici su quelli ottimistici per i giovani d’oggi rispetto alle possibilità dei loro genitori quando si parla di avere un lavoro sicuro, poter vivere in modo confortevole gli anni della pensione o essere al sicuro da criminalità e pericoli.
Appello per un capitalismo partecipato
Il rapporto rappresenta un forte argomento a favore del capitalismo partecipato (stakeholder capitalism). Le economie con più mobilità sociale condividono tutte l’attenzione verso politiche sociali efficaci che vadano a vantaggio delle comunità, fornendo al contempo una piattaforma per economie sane e competitive. Di contro, le economie organizzate maggiormente sul modello della “massimizzazione del valore per gli azionisti”, o “capitalismo statale”, tendono a risultati inferiori. Per ottimizzare la mobilità sociale, il rapporto esorta ad agire nelle seguenti aree:
- Un nuovo modello di finanziamento della mobilità sociale: migliorare la progressività fiscale sul reddito individuale, adottare politiche che affrontino la concentrazione del benessere e riequilibrare ampiamente le fonti d’imposizione può sostenere l’agenda della mobilità sociale. Ancora più importante, tuttavia, è che la miscela di spesa pubblica e incentivi politici deve cambiare ponendo maggiore enfasi sui fattori della spesa sociale.
- Formazione e apprendimento permanente: indirizzato al miglioramento nella disponibilità, qualità e distribuzione dei programmi di formazione così come ad una nuova agenda di promuovere lo sviluppo delle competenze durante la vita lavorativa, inclusi nuovi approcci al finanziamento congiunto come ad esempio sforzi tra il settore pubblico e privato.
- Un nuovo contratto di protezione sociale: un contratto che offra protezione complessiva a tutti i lavoratori indipendentemente dallo loro status occupazionale, soprattutto nel contesto del cambiamento tecnologico e della transizione industriale, che richiedono maggiore sostegno alla transizione lavorativa nel prossimo decennio.
- Le imprese assumano il comando: promuovendo una cultura del merito nell’assunzione, fornendo formazione professionalizzante, riqualificando ed aggiornando, migliorando le condizioni di lavoro e garantendo giusti stipendi. Questo implica che l’industria e piani specifici per ogni ambito affrontino le diseguaglianze storiche all’interno e tra i diversi settori.
Saadia Zahidi, direttrice generale del programma New Economy and Society presso il Forum Economico Mondiale, ha sottolineato: «Migliorare la mobilità sociale deve essere l’imperativo fondamentale di questa nuova decade: fintanto che le possibilità di una persona durante la vita restano sproporzionatamente influenzate dal suo status socioeconomico alla nascita, le diseguaglianze non saranno mai ridotte. In un mondo globalizzato, dove c’è un’informazione trasparente sull’abisso tra chi ha e chi non ha, continueremo a registrare un malcontento, con conseguenze pesanti per la crescita economica, la transizione ecosostenibile, il commercio e la geopolitica. La mobilità sociale riveste importanza ai fini della costruzione di un mondo più giusto ed ottimistico ma è conta anche perché senza di essa non riusciremo a raggiungere con successo altri obiettivi».
Traduzione a cura della Redazione
Fonte: World Economic Forum
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