Tra i settori più colpiti dal lockdown della scorsa primavera c’è quello delle costruzioni. Moltissimi cantieri sono rimasti fermi per settimane ritardando i tempi di consegna degli immobili. In questo difficile 2020, Borio Mangiarotti, tra i principali real estate developer milanesi, ha compiuto cento anni. Nel 1920, Carlo Mangiarotti fondò la società ritagliandosi un ruolo di primo piano nell’imponente processo di espansione urbana che interessò Milano e l’Italia tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del secolo scorso. Oggi l’azienda contribuisce attivamente alla vasta opera di riqualificazione e rigenerazione che dagli anni Duemila sta trasformando il volto della città, adattandolo alle esigenze dell’edilizia contemporanea. Abbiamo raggiunto il direttore tecnico Regina De Albertis per saperne di più.
A cura della Redazione
Ing. De Albertis, bentornata su Scenari Internazionali. Borio Mangiarotti compie un secolo di storia in un annus horribilis come questo 2020. Si dice che le grandi crisi creino anche grandi opportunità ma sappiamo che questo è vero solo in parte. Tante attività sono a rischio chiusura, il lavoro è ancor più precario, il risparmio delle famiglie rischia di erodersi ed accendere un mutuo diventa sempre più complicato. L’impatto potenzialmente devastante su un settore come quello dello sviluppo immobiliare è evidente. Come state affrontando l’emergenza Covid-19?
La cosa importante è cercare di vedere in ogni crisi anche un’opportunità per provare a ristudiare i propri processi produttivi e i prodotti che si vanno a realizzare. Questa emergenza, a differenza di una crisi sistemica, può essere definita come un evento che velocizzerà sempre di più processi che erano già in atto e quindi porterà con maggior velocità a compimento tendenze che già potevano essere riscontrate. In termini di processo, in questi mesi si è strutturato tutto quello che era un lavoro da remoto attraverso i software aziendali per riuscire a lavorare anche a distanza, scambiandosi informazioni in modo efficiente. Per quanto riguarda il prodotto, invece, abbiamo compreso che è necessario realizzare qualcosa capace di andare sempre più incontro alle esigenze delle persone, che sono cambiate. Sicuramente con la pandemia è emersa la necessità di avere case più ampie, caratterizzate da maggiore funzionalità, con spazi verdi all’esterno o in prossimità delle abitazioni.
Quando è scoppiata la pandemia, noi eravamo impegnati in un intervento in zona Bisceglie, nell’area sud-ovest di Milano, dove realizzeremo 1.000 unità immobiliari ad un prezzo molto accessibile, pari a circa 3.000 euro a metro quadro, all’interno di un parco di 16 ettari, con ampi terrazzi, dove le persone possano acquistare un’abitazione leggermente più grande in un’area un po’ più distante dal centro ma ben collegata, a sole dodici fermate di metropolitana da Piazza Duomo. Da quando sono ripartite le vendite nel maggio scorso, abbiamo venduto 107 appartamenti sui primi 150 messi in vendita, evidenziando che c’è un riscontro, anche perché in questo momento i mutui godono ancora di un tasso vantaggioso. In un momento di grande volatilità, il bene casa si conferma dunque importante.
Ci preoccupa, però, ipotizzare cosa potrà succedere nei prossimi mesi, quando saranno sbloccati i licenziamenti e finiranno le casse integrazione, e dovremo capire quali saranno gli strumenti a supporto sia della società civile che delle imprese per riuscire ad andare avanti in questo processo. Le risorse annunciate dal Recovery Fund rappresentano una grande occasione. Su questa base dovremmo mettere in campo un vero e proprio piano di rigenerazione urbana delle nostre città ed un grande piano di infrastrutturazione del Paese perché gli investimenti portano benefici a tutti, permettendo al PIL di crescere.
Nel 1920, Suo nonno Carlo Mangiarotti diede il via a questa fortunata avventura, fondando un’azienda che nel giro di pochi decenni avrebbe realizzato alcuni tra i più importanti progetti di espansione o ridefinizione dell’assetto urbanistico di Milano nel secolo scorso. Cento anni dopo, la città è ancora oggetto di importanti interventi di riqualificazione che stanno creando nuovi complessi abitativi o nuovi quartieri. Come siete intervenuti in questo processo di trasformazione urbana? Quali altri progetti sono in cantiere?
Stiamo cercando di essere molto attivi in questo processo di rigenerazione urbana perché in ogni intervento che andiamo a realizzare puntiamo tanto a soddisfare gli inquilini che andranno ad abitare nel condominio quanto a generare un impatto positivo sul quartiere e sulla collettività. Un esempio in questo senso è SeiMilano, un intervento pensato sia per chi andrà a vivere in quell’area che per l’intera città. Il grande parco che andremo a realizzare offrirà, tra le altre cose, una serie di dotazioni come gli smart-locker che consentiranno di fare attività sportiva depositando i propri effetti personali in sicurezza.
È importantissimo mettere insieme i due aspetti e, soprattutto, innestare un rapporto virtuoso pubblico-privato. In qualsiasi tipo di intervento è essenziale che tutti i soggetti della filiera, in fase di progettazione e costruzione, dialoghino da subito tra di loro per mettere a sistema le rispettive esigenze, ma è fondamentale anche interfacciarsi in modo efficiente con la pubblica amministrazione affinché sia possibile realizzare un intervento di qualità, ricavandone al contempo un beneficio per la collettività.
Sino alla fine degli anni Ottanta, Borio Mangiarotti costruiva principalmente in conto terzi in ambito sia privato che pubblico in tutta Italia. Poi, all’inizio degli anni Novanta, grazie all’impegno di mio padre, abbiamo cambiato la nostra anima trasformandoci in veri e propri sviluppatori immobiliari, coprendo l’intero processo, dall’acquisito dei terreni sino alla vendita al cliente finale. Abbiamo così iniziato a realizzare i primi interventi di edilizia convenzionata, dove è ben evidente l’unione di intenti tra pubblico e privato. A fronte di uno sconto sugli oneri di urbanizzazione, gli appartamenti devono essere messi sul mercato ad un prezzo calmierato, con il risultato di realizzare interventi di qualità ma al contempo accessibili ad una fascia di popolazione più ampia.
A Milano, l’opinione pubblica è sempre molto divisa tra chi boccia senza appelli nuove avveniristiche costruzioni come i complessi del Centro Direzionale o di Citylife e chi invece le ritiene indispensabili per dare alla Lombardia e all’Italia un profilo europeo e globale. Restano tuttavia fuori dal dibattito numerosi quartieri meno noti, tutt’oggi abitati da una classe media più o meno in crisi. Di cosa ha bisogno Milano?
In realtà chi viene oggi a Milano dopo tanti anni di assenza, la vede veramente trasformata. Citylife e Porta Nuova sono solo due esempi ma se si cammina lungo le strade di Paolo Sarpi o dei Navigli si osservano zone completamente stravolte. La stessa Lambrate, dove anche noi stiamo operando, sarà stravolta. In tante aree, la città si sta trasformando.
Quello che negli ultimi anni è riuscita a fare Milano, più estesamente, è diventare una città credibile agli occhi degli investitori stranieri e speriamo che questa tendenza non cambi. Oggi, la città ha bisogno di interventi ad ampio raggio. Noi investiamo anche su tante aree più periferiche, come la già citata Lambrate. Milano è una città attrattiva e quindi deve fornire offerte adeguate e risposte giuste alle persone che vengono a viverci, includendo anche le residenze per studenti e le residenze in affitto.
Il paradigma della sostenibilità, fissato a livello generale dall’Agenda 2030 dell’ONU, sta ormai condizionando tutti i piani regolatori generali dei comuni italiani. Questo ha di fatto imposto a tutto il settore la necessità di ripensare il proprio modello di business in funzione di nuove indicazioni ed esigenze edilizie. Come ha agito Borio Mangiarotti? Cosa consiglierebbe ad altre aziende del settore rimaste indietro?
Ormai è fondamentale capire che bisogna lavorare in un’ottica diversa, approcciandosi a questi nuovi criteri sostenibili sia a livello energetico che sociale, pena perdere il passo coi tempi e scomparire. La domanda oggi è diventata molto più esigente ed è necessario pensare alle generazioni future che abiteranno il nostro pianeta. Tra gli elementi a maggior impatto ambientale ci sono proprio le nostre case. Dunque, oltre a realizzare il nuovo con determinati requisiti, è fondamentale rigenerare l’esistente perché la costruzione della maggior parte degli edifici in Italia è precedente agli anni Settanta, prima che entrassero in vigore le normative energetiche e antisismiche. In quest’ottica, SeiMilano rappresenta il primo caso in Italia di applicazione di 15 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, che non sono pensati specificamente per il settore immobiliare ma per il pianeta in generale.
Questa che abbiamo davanti, specie con il Recovery Fund, è una grandissima occasione. La cosa importante è riuscire a metterla a terra, perché la burocrazia è un mostro nero che non ci permette di sfruttare bene le risorse. Ci troviamo in una fase in cui è essenziale definire una strategia comune per non farci sfuggire le opportunità.
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