Nel 2018, per la prima volta nella storia, le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy hanno superato quota 42 miliardi di euro, per un incremento del 3% rispetto all’anno precedente. I dati sono stati forniti dalle organizzazioni di categoria, in primo luogo Coldiretti, basandosi sulle stime precedentemente effettuate dall’Istat. Tale risultato mette ulteriormente in luce il grande potenziale che il settore può vantare per contribuire alla ripresa lavorativa, economica ed occupazionale del nostro Paese.
A cura della Redazione
Due terzi dell’export agroalimentare riguarda Paesi dell’Unione Europea, con la Germania come nazione capofila. Seguono quindi gli Stati Uniti, mentre cresce a vista d’occhio la domanda di prodotti italiani da parte della Cina. Un enorme contributo a questi dati è stato fornito, incontestabilmente, dal vino e dallo spumante, che hanno registrato incrementi percentuali notevoli. Gli spumanti italiani, infatti, da soli valgono 1,5 miliardi di euro e hanno registrato un balzo del 13%.
Negli Stati Uniti, per esempio, il vino Valpolicella trionfa, sebbene incalzato dal Borgogna, mentre in Cina il vino italiano sta diventando sempre più di tendenza fra i giovani. E, parlando di Paesi extra-UE, non andrebbe dimenticata neppure la Svizzera, di cui aumenta il numero di turisti diretti soprattutto nel Nord Italia in cerca delle eccellenze vinicole di quei territori, oltre che essere affascinati dalla bellezza dei paesaggi e dalla ricchezza del patrimonio storico e culturale. Del resto, anche una celebre rivista di turismo enogastronomico statunitense, Wine Enthusiast, ha raccomandato questi luoghi ai propri lettori, soffermandosi in particolare sulla zona del Garda, unica meta italiana fra le dieci mete vinicole che aveva selezionato.
Sempre nell’ambito del settore vinicolo italiano, sorprende il caso di Bortolomiol, i cui vini Valdobbiadene e Montalcino conoscono ormai un crescente successo: il fatturato è salito del 7%, pari a 15 milioni di euro, indubbiamente un buon paradigma per indicare la generale salute di un settore che in passato ha conosciuto anni non facili ma che oggi è in grande espansione. Nel 2018, l’Italia ha infatti surclassato la Francia e la Spagna per produzione di vino, sebbene in tutta l’UE sia in atto un forte aumento della produzione, con la sola eccezione del Portogallo a causa di problemi climatici.
Nel solo Veneto, per esempio, la produzione di uve è stata pari a 16 milioni di tonnellate, il che è equivalso ad un incremento della produzione di vino del 48%. Il Veneto, d’altro canto, è molto attento a questo storico settore d’eccellenza, come testimoniato anche dalla nascita del primo vino DOC biologico d’Europa, tenuto a battesimo a Vicenza, senza tralasciare le nuove sperimentazioni avviate con la Glera resistente per i vitigni del Prosecco. Grazie alla ricerca, sono state selezionate 7.000 piante che promettono di essere resistenti a malattie tipiche dell’uva e della vite come peronospora, oidio e botrite.
Anche le associazioni di categoria si stanno mobilitando per rinnovare i loro vertici e prepararsi alle future sfide del mercato. Mentre a Pescara sta per andare in scena SpumantItalia, fra il 18 e il 19 gennaio, e al Wine&Siena si affrontano temi come i cambiamenti climatici e le incognite date dai nuovi mercati, il Consiglio Nazionale Fisar (che riunisce i sommelier) ha rinnovato la sua direzione eleggendo Luigi Terzago come presidente, mentre l’associazione Donne del Vino, forte di oltre 800 associate, ha eletto alla presidenza Donatella Cinelli Colombini.
L’ultima notizia positiva, riguardante l’immagine del nostro vino non solo in patria ma anche all’estero, riguarda l’iniziativa Blockchain, che mira a coordinare fra loro imprese vinicole della Franciacorta, della Toscana e della Puglia per vigilare sulla qualità del prodotto, elevarne ulteriormente il livello ed impedire le contraffazioni, i cui danni per la nostra economia hanno un impatto probabilmente molto al di sopra di quello stimato.
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