America Latina. Focus Ecuador 2016

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A cura di William Bavone
william.bavone@libero.it

Nome ufficiale: República del Ecuador
Lingua ufficiale: Spagnolo
Capitale: Quito
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Presidente in carica: Rafael Correa
Superficie: 283.561 km2
Popolazione: 16.144.363 ab.
Valuta: Dollaro statunitense (in sperimentazione: Sistema de Dinero Electrónico)
PIL: 100,18 miliardi $
Agricoltura: 10,1%
Industria: 34,1%
Servizi: 55,8%
Import: 23,7%
Export: 20,7%
Tasso di crescita: 0,2%
Inflazione: -2,2%
Tempistiche avvio business: 48,5 giorni





SITUAZIONE POLITICA
Quito vive dal gennaio 2007 la sua Rivoluzione Cittadina, sotto la guida dell’Alianza País, formazione politica socialista del presidente Rafael Correa che ha effettivamente rivoluzionato il modello politico, economico e sociale del Paese andino. Prima tappa fondamentale di questo percorso è stata, nel 2008, la stesura di una nuova Carta Costituzionale, capace di dare forza al popolo relativamente al processo democratico nazionale e al gestione economica. Si tratta di un documento unico nel suo genere in quanto include addirittura l’ecosistema quale soggetto a cui appartengono diritti inalienabili. L’applicazione di questa tutela non si è fatta attendere, permettendo così al governo di avviare un esposto contro la Chevron, accusata di aver provocato un disastro naturale nel Paese.
Tuttavia non sono solo le multinazionali a finire sotto la lente di ingrandimento del governo, ma anche gli accordi internazionali subiscono una netta revisione. Quito si avvicina al regionalismo dell’ALBA, promosso dal Venezuela ai tempi d Hugo Chavez, assieme alla Bolivia e a Cuba. L’ALBA è progetto di partenariato dalla forte impronta ideologica, in cui l’Ecuador assume sempre di più la conformazione di Paese leader specie a fronte della crisi economica e politica venezuelana. Eppure, a differenza degli altri partner socialisti, l’Ecuador mostra un maggior equilibrio nella sostenibilità del proprio progetto, dando spazio ad una visione concreta di economia stabile.
L’aspetto più rilevante è stato la rinuncia ad operare una rettifica costituzionale al solo scopo di essere rieletto. Si tratta di una nota non banale, soprattutto se paragonata ai tentativi di segno opposto portati avanti dagli altri Paesi alleati. Questa scelta, infatti, comporta un distacco cognitivo tra leader e progetto politico, conferendo al primo una più consona funzione accessoria al secondo e superando i grandi limiti storici del leaderismo latinoamericano. Correa, in questo modo, partecipa alla crescita del Paese ma non ne è imprescindibile protagonista. In sostanza, è lui ad aver avviato un importante progetto ma spetterà ad altri l’onere di proseguire su questo cammino. Quest’anno, le nuove elezioni non vedranno in corsa Correa ma il progetto politico socialista si ripresenterà con nuovi interpreti e difficilmente il popolo vorrà voltargli le spalle.
In ambito internazionale, non sono mancati i momenti di tensione dato che la connotazione politica della compagine di governo non poteva non scontrarsi con gli interessi statunitensi nell’area e del modello neoliberale, già riemerso in Argentina con la fine dell’era Kirchner. Per ora si è trattato prevalentemente di diatribe diplomatiche, ma che evidenziando la forte personalità di un Paese di dimensioni ridotte:
– L’Ecuador ha estromesso dal suo territorio nazionale ogni presenza militare statunitense;
– L’Ambasciata ecuadoriana in Gran Bretagna ha concesso asilo politico a Julian Assange, uno dei fondatori della piattaforma WikiLeaks;
– Quito si è resa disponibile ad accogliere nei propri confini Edward Snowden, il tecnico informatico che ha svelato la rete di spionaggio informatico internazionale della NSA statunitense;
– L’Ecuador ha più volte estromesso dalla propria gestione economica il FMI ed altri istituiti di credito internazionali.

PROSPETTIVE ECONOMICHE
Detto ciò, gli Stati Uniti restano comunque un imprescindibile partner commerciale verso cui l’Ecuador destina il 40% del proprio export e da cui riceve il 28% del volume monetario complessivo dell’import. Il secondo partner commerciale di Quito è la Cina che, pur assorbendo solo il 2% delle esportazioni ecuadoriane, fornisce il 17% delle importazioni. Rilevante è anche l’export verso la Russia che – diversamente da quanto avviene nella gran parte dei Paesi latinoamericani – si attesta al 3,2% contro il 2% di export verso il vicino Venezuela. Tra i prodotti esportati, oltre al petrolio greggio che rappresenta il 50% del totale, spiccano il comparto agroindustriale e quello ittico: banane (12%), crostacei (9,3%), prodotti a base di pesce (4,7%), fiori (2,8%) e cacao (2,2%). In ingresso, invece, il petrolio raffinato è il prodotto più importato (13%). Per il resto, vi è un’alta varietà di prodotti provenienti da differenti settori.





OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA
Per quanto riguarda la possibilità di investimento, l’Ecuador ha aderito all’Accordo di Libero Scambio tra Unione Europea, Colombia e Perù con decorrenza a partire da quest’anno. Il trattato intende così agevolare, oltre agli scambio commerciali, i flussi di investimento in particolare nel quadro del trasferimento di tecnologia. L’obiettivo di Quito è quello di innovare l’industria nazionale, rendendo dunque necessario attingere dai mercati europei per ottenere le risorse necessarie. L’agroindustriale resta comunque uno dei settori maggiormente curati dal governo, che quindi lascia trasparire la disponibilità ad approfondire sinergie finalizzate al miglioramento del settore, piuttosto che al suo ridimensionamento, in favore degli investimenti esterni.


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