Quattro anni fa esatti, dopo 44 giorni di combattimenti, si concludeva la Seconda Guerra del Karabakh, consentendo all’Azerbaigian di ripristinare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale nelle aree illegalmente occupate per quasi trent’anni dalle milizie separatiste filo-armene. Dopo il cessate il fuoco del 1994, la questione ha impegnato le parti coinvolte e l’ONU ma senza risultati tangibili, sino all’autunno 2020, quando Baku ha avviato una vasta operazione militare per recuperare i territori alienati. Riceviamo e pubblichiamo una nota a riguardo di S.E. Rashad Aslanov, Ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia.
di Rashad Aslanov
[Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia]
L’8 novembre, Giorno della Vittoria, è una data che ogni azerbaigiano porta nel cuore, un ricordo scolpito nella nostra storia e un traguardo raggiunto con incessata determinazione, sacrificio e sofferenza.
Questa giornata commemora la fine della guerra patriottica dell’autunno 2020, durata 44 giorni, durante la quale l’Azerbaigian ha riconquistato territori occupati per quasi 30 anni, ripristinando i diritti fondamentali di migliaia di rifugiati e sfollati interni. Non si tratta solo della vittoria su un campo di battaglia, ma del ritorno ad una pace e una cooperazione reali, condizioni indispensabili per la stabilità e il progresso di tutta la regione.
Shusha, perla della cultura e della storia dell’Azerbaigian, rappresenta in modo simbolico il cuore e l’anima della nostra nazione. La sua liberazione l’8 novembre 2020 ha segnato il momento culminante di questa lotta, il risultato del coraggio e dell’unità di un popolo che non ha mai accettato l’occupazione illegale dei suoi territori.
Shusha è molto più che una semplice città: è un simbolo della nostra eredità culturale, della bellezza e dell’orgoglio dell’Azerbaigian, e il suo ritorno alla patria rappresenta la nostra rivincita morale, un riscatto prezioso tanto quanto il territorio stesso.
Fin dai primi anni di indipendenza, l’Azerbaigian ha dovuto affrontare una politica di aggressione, occupazione e pulizia etnica da parte dell’Armenia, con il peso di quasi un milione di rifugiati e sfollati interni. Sembra che qualcuno spesso non voglia ricordare che, nonostante la nostra dedizione al processo di pace, i negoziati non hanno portato ai risultati sperati, a causa di una persistente politica armena volta al mantenimento dello status quo.
Gli anni di provocazioni e l’assenza di interventi efficaci da parte della comunità internazionale hanno reso inevitabile una risposta forte da parte dell’Azerbaigian, culminata nella guerra patriottica.
Questa guerra ha permesso al nostro Paese di far valere i principi del diritto internazionale, tra cui il rispetto della nostra integrità territoriale e della sovranità, realizzando finalmente le quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In 44 giorni, il nostro esercito ha liberato oltre 300 insediamenti, tra cui le città di Jabrayil, Fuzuli, Zangilan, Gubadli e, appunto, Shusha.
Oggi, la nostra vittoria è più di una conquista territoriale: è un’opportunità concreta per un futuro di pace. Nonostante le difficoltà e le provocazioni politiche e militari che continuano a presentarsi, l’Azerbaigian ha immediatamente avviato una politica di normalizzazione delle relazioni con l’Armenia e di reintegrazione della popolazione armena residente nella regione del Karabakh.
Gli sforzi di ripristino e ricostruzione nei territori liberati procedono speditamente, e la nostra attenzione resta focalizzata sulla pace, pur consapevoli delle difficoltà poste soprattutto dalle mine antiuomo disseminate nell’area, che continuano a minacciare la vita dei nostri cittadini e il lavoro di ricostruzione.
Tutti coloro che si sono sacrificati per un Paese indipendente, integro e sovrano vivono nel cuore di un Azerbaigian più unito e più determinato che mai a costruire un futuro di pace e prosperità.