Gennaio Nero. L’Azerbaigian ricorda la tragedia e chiede giustizia alla comunità internazionale

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Photo credit © Ambasciata dell’Azerbaigian in Italia




A cura della Redazione


Nel trentacinquesimo anniversario della repressione sovietica contro la popolazione azerbaigiana, nota nel Paese caucasico come Gennaio Nero (Qara Yanvar), in applicazione della legge marziale decisa da Mikhail Gorbačëv, Sabina Aliyeva, Commissario per i diritti umani della Repubblica dell’Azerbaigian, ha diramato un comunicato di ricordo e commemorazione, esortando le organizzazioni internazionali a considerare quello del 20 gennaio 1990 come un crimine contro l’umanità e «ad assumere una posizione equa per garantire che il personale militare che ha commesso questi crimini, insieme a coloro che hanno ordinato l’esecuzione di questi atti, siano ritenuti penalmente responsabili».

«Sono passati trentacinque anni dalla tragedia del 20 gennaio, un evento sanguinoso commesso senza pietà contro una popolazione disarmata dalle ex forze armate dell’URSS nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1990, per reprimere lo spirito di libertà nazionale e il desiderio di indipendenza del popolo dell’Azerbaigian», dichiara Aliyeva, che aggiunge: «Per spezzare la volontà del nostro popolo, che protestava contro l’atteggiamento di parte dell’ex leadership dell’URSS nei confronti del nostro Paese, la deportazione degli azerbaigiani dalle nostre terre storiche, che ora sono il territorio dell’attuale Armenia, e le infondate rivendicazioni territoriali dell’Armenia contro l’Azerbaigian, come risultato di questo crimine atroce contro l’umanità, 150 persone innocenti, tra cui donne, bambini e anziani, a Baku e in diversi altri distretti e città della nostra repubblica vennero assassinate, 744 persone rimasero ferite e 841 individui furono detenuti illegalmente».

«Quel giorno non è solo una cronaca eroica del nostro popolo che è sceso in piazza per il bene della libertà, ma anche un giorno storico in cui persone disarmate, con un desiderio di libertà, hanno combattuto coraggiosamente e onorevolmente per la libertà», sostiene il Commissario dell’Azerbaigian, che prosegue: «Nonostante il brutale atto terroristico commesso contro persone innocenti, il popolo azerbaigiano è riuscito a ottenere la propria indipendenza».

Aliyeva ricorda come il Leader Nazionale Heydar Aliyev, con i suoi familiari, raggiunse la missione permanente dell’Azerbaigian a Mosca il 21 gennaio, «nonostante le pressioni e le potenziali minacce alla sua vita», per tenere una conferenza stampa, durante la quale informò la comunità internazionale in merito alle responsabilità della dirigenza sovietica di allora.

Solo dopo il ritorno di Heydar Aliyev alla guida del Paese, nel 1994, sono state fatte valutazioni politiche e legali in merito agli eventi del 20 gennaio, spiega Aliyeva, che sottolinea «il fallimento delle organizzazioni internazionali e della comunità mondiale nel condannare il compimento di questo fatto in quel momento», un sostanziale silenzio nell’immediatezza dell’evento, che «ha poi aperto la strada all’occupazione delle nostre terre da parte degli armeni e alla perpetrazione di atti di genocidio contro il nostro popolo».

«Come risultato del crimine contro l’umanità perpetrato sotto l’istruzione dell’ex leadership dell’URSS, le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite, le norme e i principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale, nonché i requisiti dei trattati internazionali di cui l’ex Unione Sovietica era parte, sono stati gravemente violati e i diritti umani sono stati gravemente violati», continua Aliyeva, che conclude: «Tuttavia, con rammarico, vorremmo informare che, nonostante i numerosi appelli alle organizzazioni internazionali e alla comunità globale, questo crimine contro l’umanità non è ancora stato valutato legalmente e coloro che hanno commesso questo crimine atroce non sono stati ritenuti responsabili».



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