In un mondo dove i vecchi equilibri vengono sostituiti da dinamiche in parte o del tutto nuove, non sorprende che la sinistra socialista messicana, oggi al governo del Paese, si allinei alle politiche sull’immigrazione di Donald Trump. Dopo l’annuncio dell’11 luglio scorso in merito ai circa 500 milioni di dollari che l’agenzia governativa statuintense OPIC si è impegnata a mobilitare per lo sviluppo del Messico meridionale, il presidente messicano López Obrador intende giocare un ruolo da protagonista attivo nel gioco di “vasi comunicanti” che sta coinvolgendo gli investimenti allo sviluppo tra America Settentrionale e Centrale per cercare di eliminare le cause economiche e sociali dell’emigrazione verso Nord.
di Mexico News Daily
Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, nel quadro di un’iniziativa di sviluppo regionale, ha promesso un aiuto di 90 milioni di dollari l’anno in favore di Honduras, El Salvador e Guatemala per scoraggiare l’emigrazione centramericana verso gli Stati Uniti attraverso il Messico.
Sabato scorso, Obrador ha firmato un protocollo d’intesa mirato con il suo omologo honduregno Juan Orlando Hernández. A seguito dell’accordo, il segretario agli Esteri messicano Marcelo Ebrard ha affermato che il governo messicano investirà 30 milioni di dollari per creare 20.000 posti di lavoro in Honduras nei prossimi cinque anni, attraverso un progetto di riforestazione collegato al programma governativo locale Sembrando Vida e allo schema di apprendistato Youths Building the Future.
A fine giugno Obrador ha siglato un accordo con il presidente salvadoregno Nayib Bukele e, a tale riguardo, Ebrard ha affrmato che Città del Messico offrirebbe lo stesso investimento al Guatemala dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali del Paese, previsto per il mese di agosto. Tuttavia, i leader dell’opposizione hanno ritenuto la mossa senza senso, reclamando il fatto che le spese sono incoerenti con il piano di austerità dell’amministrazione, che ha ridotto la spesa generale del governo federale, licenziando dipendenti pubblici e tagliando numerosi programmi.
Damian Zepeda, del Partito di Azione Nazionale, ha accusato il presidente di inginocchiarsi all’agenda statunitense sulle politiche migratorie a danno del popolo messicano. «Il Messico vuole vendere un’immagine di sé stesso come di qualcosa che non è; il presidente ed il suo gabinetto sono fuori dal mondo. Da un lato, il Messico sta accettando le assurde posizioni degli Stati Uniti in termini di immigrazione, mentre dall’altro vuole risolvere i problemi di altri Paesi quando è ben lontano dal risolvere i suoi».
Zepeda ha posto l’accento su alcune problematiche misure di austerità adottate dall’amministrazione, tra le quali un taglio del 25% nella spesa pubblica, il licenziamento di oltre 200.000 dipendenti pubblici, il ritiro dei sussidi per gli asili, paghe incomplete per la Polizia Federale e la scarsità di farmaci nel sistema sanitario pubblico. La pensano allo stesso modo pure gli esponenti del Partito Rivoluzionario Istituzionale. «Stanno impegnando importanti risorse federali quando hanno ripetuto sino alla nausea che è necessario risparmiare».
Il presidente López Obrador ha spazzato via le critiche: «Ovviamente prenderemo parte a questo programma di sviluppo per l’America Centrale e il Messico, e faremo la nostra parte, compreso ricorrere alle nostre risorse. Alcuni stanno mettendo in discussione questa posizione, al punto di giungere persino alla xenofobia».
Traduzione a cura della Redazione
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