Riformare l’Italia, cambiare l’Europa e conoscere meglio il mondo. Si può fare?

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Mentre la politica italiana si ridefinisce con il Congresso del Partito Democratico al Lingotto di Torino e la manifestazione di Matteo Salvini a Napoli per rilanciare il suo progetto per il Sud, abbiamo scambiato qualche parola con il direttore responsabile Andrea Fais sulla situazione italiana ed europea, anche alla luce dell’ultima pubblicazione cartacea della rivista, dedicata all’Italia.

Il discorso di Matteo Renzi al Lingotto ha cercato di rilanciare il Partito Democratico, dopo la scissione. La Penisola del Tesoro, ultimo numero di Scenari Internazionali, giacché dedicato all’Italia, si è interrogato anche sulle prospettive del riformismo nel nostro Paese. Qual è la situazione?
A dire il vero, gran parte del numero illustra la proiezione dell’Italia sui mercati esteri. La nostra rivista non è legata ad alcun partito o movimento politico. Siamo sul mercato e andiamo avanti con le nostre gambe, malgrado le mille difficoltà. La nostra linea editoriale è molto sensibile al tema del riformismo perché riteniamo che quello sia il campo nel quale l’Italia e l’Europa possono trovare in modo più efficace le risposte alla crisi. Ovviamente, senza un’idea di società ed un’idea di mondo, è impossibile capire quali riforme siano necessarie ed in che modo si debba portarle avanti. Dopo anni di incertezza, Renzi ha avviato un dibattito concreto in questo senso. Molti dei problemi che ha posto sono essenziali: il rilancio degli investimenti pubblici nei settori strategici, la riduzione degli oneri fiscali per le imprese, la necessità di battere i pugni a Bruxelles per riconoscere all’Italia il peso internazionale che le è proprio, o la stessa costruzione di un piano internazionale per l’Africa che crei le condizioni per lo sviluppo in loco e depotenzi i flussi migratori, ormai ingestibili. Eppure resta da capire che idea di società e di mondo ha Renzi e cosa potrà rappresentare il suo “nuovo” PD. Ci sono ancora tante contraddizioni da risolvere.

In Europa sembra soffiare con sempre più forza un nuovo vento di destra, profondamente euroscettico. Per quanto riguarda le opposizioni in Italia? Che possibilità hanno di battere il Partito Democratico?
Ad aver spostato il consenso a destra sono state anzitutto le contraddizioni cui accennavo. Negli ultimi anni, il PD, il PSF e l’SPD hanno perso grosse quote di consenso tra le categorie sociali più colpite dalla crisi. In questo vuoto di rappresentanza si sono inseriti Salvini, Grillo, Le Pen e Petry. La soluzione non è guardare al passato ma nemmeno inventarsi formule post-ideologiche sganciate dalla realtà. Dopo l’endorsement alla Clinton, l’esaltazione di Obama e l’iconizzazione di Steve Jobs, ora al Lingotto Renzi cita Roosevelt e lancia una piattaforma web intitolata a Bob Kennedy. Questa “ossessione americana” è emblematica dell’incapacità dei socialisti europei di produrre autonomamente un proprio pensiero politico, adatto al XXI secolo. A destra ci si limita a contrastare quanto deciso dalla sinistra, soprattutto su Europa e immigrazione, ma anche lì manca una cultura politica forte. Lo scenario elettorale italiano è aperto a qualsiasi scenario, persino ad alleanze all’apparenza improbabili. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Chiaramente, un’eventuale intesa di governo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, qualora avessero i numeri per governare, dovrebbe fondarsi su una realpolitik molto concreta basata su occupazione, riforma fiscale, riforma della giustizia e rinegoziazione dei vincoli europei. Altrimenti, il successo del M5S sarà inevitabile.

L’ultima trovata dei leader europei è stata quella di rilanciare il concetto delle “due velocità” nel Continente. Non si tratta certo di una novità. Basterà all’Unione per cambiare marcia?
Fino al 1989, l’attuale territorio dell’Unione era diviso tra le sfere d’influenza delle due superpotenze. A partire dal 1992, la Germania si è fatta perno di un’integrazione piena di forzature, dove la “geometria variabile” serviva a portare avanti il processo in maniera più agevole. Questo assetto, però, ha creato col tempo una profonda spaccatura tra il Nord e il Sud del Continente. A farne le spese, ingiustamente, anche l’Italia che, malgrado i continui richiami di Bruxelles, ha in realtà il debito più sostenibile d’Europa, grazie ad un solido risparmio privato e ad una buona posizione finanziaria sull’estero. L’Europa a più velocità di fatto esiste già da tempo con gli esiti che conosciamo. Per altro, con le ultime decisioni della Merkel, rischiano di essere definitivamente relegati in “serie B” proprio quei Paesi dell’Est che al momento, dati alla mano, stanno guidando la ripresa continentale. L’Unione Europea va ripensata alla base. Anzitutto si deve comprendere che, in sé, essa non è né un sogno né un incubo, ma un mercato comune che dovrebbe dotarsi di una struttura politica sovranazionale. In questa struttura, lungi dal dover cedere ulteriore sovranità, l’Italia deve anzi contare molto di più. Chi ha una forte leadership, può trarre vantaggi dall’Europa. Chi sale a Bruxelles con lo stesso spirito di un bambino al primo giorno di scuola, evidentemente può solo subirla. Renzi ha detto che vuole superare la dimensione tecnocratica dell’Europa per costruirne una democratica, per esempio con l’elezione diretta del presidente della Commissione. Ma se non riuscirà a convincere la Germania e la Francia, per noi ci saranno ben poche prospettive.

Non pochi lettori ci hanno chiesto come mai Scenari Internazionali è da sempre molto attenta ai mercati emergenti. Perché?
La nostra attenzione è rivolta globalmente, a 360 gradi. Riserviamo un occhio di riguardo ai mercati emergenti perché, rispetto a quelli occidentali, sono meno conosciuti dal pubblico italiano. Alcuni sono completamente ignorati mentre altri, sebbene siano ormai sulla bocca di tutti, sono spesso trattati con poca cura dal mainstream, dando adito a luoghi comuni che non aiutano la reciproca comprensione. In particolare, la Cina, una realtà di portata globale da cui è impossibile prescindere. Come ribadito all’ultimo Forum di Davos, il mercato non può esistere senza regole ma queste vanno stilate col contributo di tutti, non possono essere scritte da una sola penna. Due anni fa, Obama disse chiaramente che gli Stati Uniti non avrebbero dovuto permettere alla Cina di partecipare alla loro stesura, malgrado i significativi traguardi che Pechino ha raggiunto e raggiungerà in materia di commercio, proprietà intellettuale, semplificazione, investimenti, ricerca scientifica e sostenibilità. Quelle di Obama erano ovviamente pretese assurde, e non solo in riferimento alla Cina. Nei prossimi decenni, nuovi attori asiatici, latinoamericani ed africani emergeranno. E allora che faremo? Ci chiuderemo in una torre d’avorio e sbarreremo le dogane a tre quarti del pianeta?




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