[Ria Novosti]
Secondo le ultime stime della Banca Mondiale, nel 2018 l’economia mondiale crescerà del 3,1%, anziché del 2,9% stimato in precedenza. Questo è il livello massimo dai tempi della crisi globale di un decennio fa. Tuttavia, con l’accelerazione della crescita, si è anche raggiunto il più alto livello di rischio degli ultimi venticinque anni. Il crollo dei mercati azionari, il protezionismo, gli attacchi informatici su larga scala e persino una guerra nucleare sono ciò che minaccia l’economia globale, secondo gli analisti di The Economist.
La crisi dell’UE, il petrolio e la geopolitica
La stabilità economica mondiale può scuotere la produzione nei singoli Stati dell’UE, come la Grecia e l’Italia che hanno un forte indebitamento pubblico. Il danno arrecato alle banche europee potrebbe essere tale da spingere l’economia globale verso una nuova recessione, ma gli esperti considerano questo come un rischio molto basso, di 5 punti su una scala di 25 punti.
L’indicatore di rischio tiene conto della probabilità dell’evento, da molto basso (0-10%) a molto alto (oltre il 40% nei prossimi due anni), così come del suo impatto sulla variazione dei tassi di crescita annui del PIL: di 0-0,1 punti percentuali rispetto ad una previsione di base con influenza molto debole, due o più, con una crescita molto forte degli scenari positivi ed una diminuzione di quelli negativi. Un’altra improbabile minaccia è il calo del prezzo del petrolio a causa del fallimento degli accordi sulla limitazione della produzione di idrocarburi nel quadro dell’OPEC+. I fattori di rischio in questo caso sono un aumento delle tensioni politiche nel Golfo Persico ed il ritiro della Russia dall’accordo, scrive The Economist. Di conseguenza, tutti i Paesi produttori di petrolio subirebbero delle perdite.
Tra le minacce meno ovvie vi sono poi lo scontro tra i principali Paesi del Medio Oriente, uno scontro armato aperto tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord e gli scontri militari per le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale.
La caduta dei mercati azionari e del commercio mondiale
Un pericolo molto più reale è la caduta prolungata dei principali mercati azionari. Gli esperti sottolineano che l’economia mondiale sta entrando in una nuova fase. Sempre più banche centrali sono pronte a ridurre i programmi di alleggerimento quantitativo e ad aumentare i tassi di interesse, il cui livello estremamente basso ha creato un boom nei mercati mobiliari.
La seconda fonte di minacce più rilevante è la politica protezionistica statunitense e la potenziale recessione del commercio mondiale. Il protezionismo influenzerebbe negativamente i prezzi e la disponibilità di prodotti americani e cinesi nelle catene di approvvigionamento della società di altri Paesi. Ciò porterebbe ad un calo degli scambi, colpendo l’economia mondiale in maniera pesante. I mercati emergenti generalmente soffrono di processi globali negativi. Tuttavia, come ha dimostrato un recente studio di Harvard, le economie in via di sviluppo non sono più così indifese.
Meno soggetti al default
Secondo l’economista di Harvard Carmen Reinhart, l’economista-capo presso Standish Mellon Asset Management, Vincent Reinhart, e Christoph Trebesch, dell’Istituto di Kiel per l’economia mondiale, il livello di default nel 2011 è stato relativamente basso durante il periodo della riduzione dei flussi di capitale. I Paesi con un grande carico di debiti potrebbero rinviare il pagamento delle passività nei prossimi decenni a condizioni più favorevoli. Inoltre, i Paesi in via di sviluppo con un alto rischio di default sono diventati resistenti ad un inasprimento della politica monetaria, riducendo i deficit commerciali e di bilancio. Gli analisti concludono che una crisi in un Paese non innescherà una reazione a catena. I default sovrani saranno meno su larga scala, più isolati, e non avranno le stesse conseguenze sistemiche.
Vasta diffusione
Questo vale anche per la Russia, la cui economia si sta riprendendo dopo nove trimestri di recessione continua. Due anni fa, il tasso di crescita del PIL russo ha toccato il fondo, scendendo a quota -2,8%, ma il 2017 si è concluso già con una crescita dell’1,5%. La previsione per il primo trimestre del 2018 è dell’1,5-1,8%. La ragione principale di questa inversione di tendenza è il rafforzamento della stabilità macroeconomica, afferma Apurva Sanghi, il principale economista di riferimento della Banca Mondiale per la Russia. L’inflazione in Russia è ora al 2,2%, la più bassa nell’intera storia delle osservazioni. Questo è merito della banca centrale.
L’esperienza internazionale ha dimostrato che il targeting per l’inflazione, avviato dalla banca centrale alla fine del 2014, non solo rallenta la crescita dei prezzi al consumo, ma rafforza anche i meccanismi macroeconomici. Di conseguenza, l’economia diventa meno vulnerabile alle influenze interne ed esterne. Un altro fattore è il prezzo del petrolio: nel 2016 era sceso a 27 dollari al barile, ora è risalito ad oltre 60 dollari. Infine, anche la ripresa dell’economia mondiale, per la prima volta dalla crisi del 2008, ha dato modo ai maggiori Paesi sviluppati di mostrare una contemporanea crescita economica.
Una nuova grande depressione?
Allo stesso tempo, la crescita è irta di pericoli: un numero di indicatori significativi dello stato dell’economia globale moderna è quasi del tutto coerente con la situazione creatasi alla vigilia della Grande Depressione (1929-1933), avverte il famoso economista americano e banchiere d’affari James Rickards. L’attuale rapida ripresa economica degli Stati Uniti e dei Paesi europei potrebbe trasformarsi in un enorme crollo del mercato azionario, simile a quello che accadde nel 1929, ha detto Rickards. E poi, una lunga recessione in tutto il mondo sarebbe inevitabile.
Che influenza avrà questo sulla Russia? In questi quattro anni di sanzioni da parte di Stati Uniti ed Unione Europea, l’economia del Paese si è piuttosto “indurita”, secondo gli analisti. Mosca ha dovuto utilizzare al massimo le proprie risorse interne e l’economia è diventata più equilibrata. La stabilità dell’economia russa all’inizio dell’anno è stata riconosciuta da tutte e tre le principali agenzie di rating internazionali, aumentando le prospettive per il rating sovrano della Russia, passato da “stabile” a “positivo”. Alla fine, il Paese non solo ha affrontato con successo il crollo dei prezzi del petrolio e delle sanzioni occidentali, ma si è anche preparato ad eventuali cataclismi dell’economia mondiale.
Traduzione a cura della Redazione
Fonte in lingua originale qui
© Riproduzione riservata