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ROMA – La nuova cooperazione: quale sinergia creare tra diaspora, ONG e settore privato è il titolo della tavola rotonda svoltasi ieri pomeriggio nell’ambito della seconda edizione dell’Italia Africa Business Week che, assieme ad un dibattito su energia e sviluppo sostenible, ha virtualmente chiuso la due-giorni di incontri e seminari.
Alla tavola rotonda, moderata da Ada Ugo Abara (Nigeria), assistente coordinatrice Progetto Summit Nazionale delle Diaspore, hanno partecipato Marie Chantal Uwitonze (Ruanda), presidente African Diaspora Network-Europe (ADNE); Stefania Mancini, Consigliere delegato della Fondazione Charlemagne; Emiliano Giovine, avvocato presso R&P Legal; Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI); Marie Thérèse Mukamitsindo (Ruanda), presidente Cooperativa Karibu; Antonio Franceschini, responsabile Ufficio Promozione e Mercato Internazionale CNA; Karounga Camara (Senegal), imprenditore e scrittore; Monica Dragone, Senior Officer c/o Unità Relazioni e Cooperazione fra Città del Comune di Milano; Don Matteo Galloni, Fondatore e Presidente della Comunità Amore e Libertà;
Estratto dell’intervento di Antonio Franceschini, responsabile Promozione e Mercato Internazionale di CNA
Innanzitutto dobbiamo lavorare sulla consapevolezza di cosa è oggi l’Africa e di cosa potrebbe essere domani. È il continente che cresce di più, che ha visto negli ultimi vent’anni l’economia crescere con medie significative, sta subendo profonde trasformazioni e ha appunto prospettive di crescita sia economiche che sociali uniche.
L’Italia ha tutte le potenzialità per essere un Paese di riferimento per molti Paesi africani proprio grazie al nostro tessuto di PMI, che viene guardato con grande attenzione quale leva per uno sviluppo sostenibile. In questo senso, noi dobbiamo operare per essere un ponte tra Europa e Mediterraneo ed essere un modello per la crescita africana e il consolidamento del settore privato. Le opportunità – a mio parere – sono diverse per le nostre imprese, sia sotto l’ottica commerciale che sotto quella di costruzione di partenariati.
Dobbiamo superare soprattutto una problematica di tipo culturale ed una scarsa conoscenza delle potenzialità di un continente con 54 Stati. L’Africa, per diverse ragioni, può rappresentare una concreta opportunità nei prossimi anni. È innanzitutto un continente giovane, un continente con circa il 70% della popolazione al di sotto dei 30 anni e con un livello di istruzione in costante crescita. La popolazione africana è previsto raddoppi fino a raggiungere 2,5 miliardi di persone entro il 2050. Un continente che può diventare una grande opportunità se riusciremo a costruire un sistema di relazioni che coinvolga la diaspora oggi presente in Italia e che in gran parte potrebbe essere interessata a rientrare nei Paesi di origine. Per questo dobbiamo anche pensare a progettualità formative rivolte ai giovani africani presenti all’interno delle imprese italiane affinché possano divenire figure di collegamento con il tessuto economico dei Paesi di origine, una sorta di “ambasciatori” del nostro sistema economico.
Per noi, come Italia, il rapporto con l’Africa è strategico. Il rischio è quello di rimanere fuori dalle catene di approvvigionamento. Come ben descrive Parag Khanna in Connectography, quando parla di supply chain come un «ecosistema completo di produttori, distributori e venditori che trasformano materiale grezzo (dalle risorse naturali alle idee) in beni e servizi erogati alla gente in qualsiasi parte del mondo». Questo è il rischio e per questo dobbiamo investire, ponendo le questione africana al centro delle nostre politiche.
Dobbiamo individuare una visione che contempli il tema dei flussi migratori e quello della crescita. In quest’ottica voglio ribadire un dato che la nostra vicepresidente nazionale ha citato ieri [mercoledì 17/10, ndr] nella conferenza d’apertura: come CNA associamo circa 2.500 imprenditori di origine africana che si sono trasferiti in Italia, complessivamente sono circa 12.000 gli imprenditori di origine extracomunitari associati a CNA. Questi sono una vera e propria risorsa poiché sono in grado di sintetizzare e mettere in relazione culture, modi di vivere e soprattutto sistemi imprenditoriali diversi tra loro.
Dobbiamo inoltre utilizzare al meglio le risorse previste dalla Legge sulla cooperazione attraverso progetti con fondamenta di sostenibilità, che pongano al centro il ruolo che può essere giocato dalle PMI.
Fonte: CNA