di Jasmin Fedele
La cultura delle armi negli Stati Uniti ha radici profonde. Durante la Guerra di Indipendenza, la milizia citata nel Secondo Emendamento proteggeva il suo Stato e la coalizione di milizie aiutava l’esercito “continentale” [odierno esercito federale]. Il modello militare statunitense si basava infatti sull’idea di armare cittadini sempre pronti ad agire. La questione inizia a complicarsi con la Guerra Civile, quando le milizie del Sud ritenevano il possesso e l’uso di armi un diritto costituzionale mentre quelle del Nord lo consideravano un atto sovversivo.
Le norme che disciplinano il porto d’armi sono federali e possono cambiare da Stato a Stato, ma in generale può acquistare un fucile chiunque abbia compiuto 18 anni ed una pistola chi ne abbia invece compiuti 21. Non possono acquistare armi i cittadini giudicati colpevoli di reati, gli immigrati clandestini, le persone soggette ad ordinanze restrittive e chi fa uso di stupefacenti o assume particolari farmaci.
La prima sentenza della Corte Suprema risale al 1886 quando fu stabilito che il Secondo Emendamento proibiva ai singoli Stati di vietare il diritto dei cittadini di detenere e portare armi «privando così gli Stati Uniti della loro giusta risorsa di preservazione della sicurezza pubblica». Molto più recentemente, nel 2008, la Corte Suprema ha nuovamente stabilito che per gli statunitensi possedere armi è un diritto.
L’ultima decisione in materia è arrivata poche settimane fa con l’abolizione delle leggi sul possesso del porto d’armi, ovvero le norme che prevedevano l’obbligo di avere una licenza per portare un’arma in pubblico a New York: una scelta di cui Joe Biden si è detto molto deluso perché – secondo il suo punto di vista – andrebbe contro il senso civico e la Costituzione a tal punto che, parlando agli Stati, ha chiesto di varare delle restrizioni.
Ogni giorno, in media, nel Paese qualcuno spara sulla folla o compie una strage, secondo il cosiddetto fenomeno del mass murder, ovvero casi in cui una o più persone sparano, anche senza alcun apparente motivo, in luoghi affollati cercando di fare il maggior numero di vittime possibile, come successo negli ultimi mesi in Texas, California e New York.
I numeri delineano una situazione fuori controllo: nella prima metà del 2022 si contano già 198 stragi per una media di circa 10 attacchi a settimana [Gun Violence Archive]. Le mappe interattive mostrano una forte correlazione tra possesso di armi e numero di morti, più concentrata nell’East Coast rispetto alla West Coast.
Ad opporsi a qualsiasi restrizione all’uso di armi è principalmente la National Rifle Association (NRA), fondata a New York nel 1871, che negli ultimi giorni ha dichiarato il proprio disappunto rispetto alla decisione del Congresso di approvare il Gun Control Bill, immediatamente firmato dal Presidente.
Tale provvedimento mira a limitare il possesso di armi da fuoco nel Paese attraverso il rafforzamento dei controlli sulla fedina penale degli acquirenti di età inferiore ai 21 anni e prevede lo stanziamento di 11 miliardi di dollari per sostenere le attività legate alla salute mentale, nonché di altri 2 miliardi destinati alla sicurezza nelle scuole.
Chiunque trasgredisca le indicazioni aggirandole è soggetto a sanzioni pecuniarie oppure alla revoca della licenza, sia chi acquista sia chi vende. Il disegno di legge è in netto contrasto con il quadro normativo del Texas, il più permissivo di tutti gli Stati Uniti, soprattutto dal 2021, quando il governatore repubblicano Greg Abbott ha eliminato l’obbligo del porto d’armi, consentendo a chiunque abbia più di 21 anni di avere sempre con sé un’arma.
Secondo True Numbers, c’è stata un’evidente impennata di massacri dal 2007 – anno di inizio della crisi finanziaria – ed è importante notare come quasi tutte le stragi sono state compiute da giovani di età compresa tra 16 e 35 anni. È ormai palese che la cultura delle armi negli Stati Uniti non sia più semplicemente una questione patriottica o costituzionale, ma includa motivazioni diverse e molto complesse.
In questo quadro, il Gun Control Bill può essere un punto di partenza, dopo anni di estrema permissività, per contrastare la violenza causata dalle armi da fuoco, ma sarà necessario lavorare su più fronti per ottenere risultati tangibili.
L’acquisto di armi negli Stati Uniti registra solitamente un’impennata ogni volta che si verifica una strage o un episodio che contribuisce in maniera significativa ad aumentare le tensioni legate alla sfera della pubblica sicurezza, per un volume di vendite che negli ultimi dieci anni ha toccato anche picchi di circa 2 milioni di armi al mese.
Come riportato da un’indagine del 2020 di Keith Coolins e David Yaffe-Bellany per il New York Times, questo trend si è verificato subito dopo gli attentati dell’Undici Settembre e la prima affermazione elettorale di Barack Obama, che promise – senza riuscirci – una stretta sulla libera vendita di armi, innescando una disperata corsa all’acquisto prima che la legge potesse anche essere soltanto discussa.
Da allora, la propensione a procurarsi armi è aumentata parallelamente alla crisi economica ed è progressivamente cresciuta negli anni fino al 2020, quando con il dilagare della pandemia è cresciuta la paura in coloro che hanno ritenuto opportuno munirsi di armi per difendersi da possibili disordini o eventuali abusi delle forze dell’ordine. Un ulteriore incremento si è verificato dopo l’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021.
Negli ultimi due decenni, le industrie di settore negli Stati Uniti hanno prodotto 139 milioni di armi destinate al commercio, una crescita direttamente proporzionale al numero di aziende operative. Se nel 2000, il settore degli armamenti contava 2.222 società attive, nel 2020 il governo ne ha infatti censite ben 16.963.
Il primo rapporto interministeriale sulla situazione delle armi da fuoco negli Stati Uniti è stato ottenuto incrociando i dati del Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF), dell’Ufficio del Procuratore Generale e del Vice Procuratore Generale. Diffuso recentemente dal Dipartimento alla Giustizia, il documento ha riscontrato una preferenza degli acquirenti per le armi semiautomatiche, come i fucili AR-15 e le pistole automatiche da 9 millimetri, perché sono considerate più facili da usare e poco costose.
Il giro d’affari è in crescita da circa tre anni. Anche se da gennaio a marzo scorsi il mercato delle armi ha fruttato l’equivalente della media del primo trimestre degli ultimi tre anni, si sta assestando su livelli leggermente superiori rispetto al biennio segnato dal Covid-19 [già a livelli più elevati rispetto al triennio precedente]. Il primo anno e mezzo di Amministrazione Biden vanta, suo malgrado, un record negativo e conferma il paradosso democratico secondo cui, citando il celebre film Point Break del 1991, «la pace si ottiene con una potenza di fuoco superiore».
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