Un ponte verso l’Africa, alla Spezia individuate alcune possibili ramificazioni del Piano Mattei

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Il 14-15 novembre scorsi, la città ligure ha ospitato la prima edizione di A Bridge To Africa, l’evento organizzato The International Propeller Club Ports of La Spezia and Marina di Carrara e Clickutility Team, promosso da Comune della Spezia, Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale (AdSP MLOr) ed alcuni partner privati. Il primo giorno, in particolare, ha attirato l’attenzione del pubblico, sia in presenza che on-line, con gli interventi di esperti italiani e delle delegazioni di Algeria, Egitto, Tunisia e Marocco, che hanno presentato le novità tecnologiche e le misure di sviluppo che i rispettivi governi hanno messo in campo negli ultimi anni. Scenari Internazionali, media partner dell’evento, era presente per saperne di più.


di Corinna Ramognino


LA SPEZIA – Si è conclusa venerdì 15 novembre la prima edizione di A Bridge To Africa, il nuovo appuntamento incentrato sulla cooperazione tra l’Italia e il Continente africano che si è tenuto alla Spezia, presso l’Auditorium “Giorgio S. Bucchioni” dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale (AdSP MLOr).

Il presidente del The International Propeller Club dei porti di La Spezia e Marina di Carrara, Gianluca Agostinelli, ha introdotto i lavori della prima giornata richiamando il Piano Mattei, l’iniziativa voluta dal governo per approfondire le relazioni con i Paesi africani nell’ottica di una crescita economica condivisa.

Questo piano vuole ridisegnare il modo in cui l’Europa si è sempre rivolta al Continente africano, in maniera scevra da preconcetti e stereotipi, coinvolgendo non più soltanto le materie prime di cui il Continente è ricco, ma anche e soprattutto le risorse umane e le potenzialità produttive locali. Il Piano Mattei è un progetto in continua evoluzione, che la due-giorni spezzina ha voluto illustrare agli imprenditori e agli esperti di settore italiani.

Oggi l’Africa rappresenta un mercato di 1,4 miliardi di persone, è la seconda regione per crescita economica al mondo con un incremento del PIL stimato al 4% nel 2024 e pesa sul commercio italiano per circa 60 miliardi di euro all’anno (2023). Dei 40 miliardi di esportazioni africane verso l’Italia, circa la metà è costituita da materie prime energetiche (gas e petrolio). Questi numeri sono emblematici del rapporto già stretto tra le due realtà ma il progetto mira ad aumentare e rimodulare l’interscambio tramite l’export di capitale e know-how europeo verso l’Africa per contribuire a svilupparne l’economia a livello locale: a ciò si impegnano istituti ed aziende italiane che hanno partecipato alla conferenza portando le loro testimonianze.

Filippo Simonelli, intervenuto per l’Istituto Affari Internazionali (IAI), ha ricordato che risale all’Unità d’Italia la presenza del nostro Paese sulla sponda sud del Mediterraneo, dove Roma ha mantenuto un rapporto privilegiato con la regione anche grazie ad industriali visionari come lo stesso Enrico Mattei, che fondò l’ENI nel 1953, alle missioni internazionali degli anni Novanta e alla politica estera del ministro Franco Frattini nei primi anni Duemila.

Pare dunque opportuno raccogliere questi input che arrivano dall’attualità ma anche dai legami storici tra l’Italia e l’Africa sia come Paese-Italia sia come parte dell’Unione Europea e della NATO, secondo Simonelli, che ha esortato a non considerare l’Africa come un’entità monolitica ma un insieme di più Stati. Le risorse stanziate dal governo per il Piano Mattei corrispondono a 5,5 miliardi di euro ma non è detto che bastino, stando al parere dell’esperto, che ha indicato l’opportunità di coinvolgere sia investitori privati che enti sovranazionali.

L’Eurispes, presente all’evento con Emanuele Oddi, pone l’accento sull’andamento dell’economia del Continente. I dati sono significativi: 8 dei 12 paesi che più cresceranno al mondo nel 2024 sono africani (dati Banca Mondiale), ovvero Niger, Kenya, Senegal, Costa d’Avorio, Tanzania, Guinea, Ghana ed Etiopia.

Tutto ciò malgrado alcuni, come Niger ed Etiopia, continuino a patire complicate situazioni interne. I dati preservano l’ottimismo sullo sviluppo dell’Africa, che intende riposizionarsi sullo scacchiere mondiale per attrarre investitori stranieri. A tal fine, nel 2018, è stato siglato lo storico accordo la creazione dell’Area Continentale Africana di Libero Scambio (AfCFTA), divenuta operativa il primo gennaio 2021, che comprende 54 Paesi ed apre importanti prospettive.

Antonio Gozzi di Confindustria ha ricordato la lungimirante visione di Enrico Mattei, che sosteneva la necessità di una divisione più equa dei profitti con i Paesi in via di sviluppo da cui provenivano le materie prime per generare un flusso di crescita locale. Questa disparità, ancora esistente, rappresenta un importante vuoto da colmare, ha continuato Gozzi, auspicando un rapporto bilaterale davvero paritario tra Italia ed Africa.

A confermarlo anche Letizia Pizzi, direttore generale di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, sottolineando la necessita di digitalizzare i processi-cuore dell’economia dei singoli Paesi, a partire da ambiti quali amministrazioni pubbliche, trasporti, energie rinnovabili e meccanizzazione agricola. Stando a Pizzi, l’indotto industriale deve diventare motore dello sviluppo in Africa, e per farlo può usufruire di potenti strumenti finanziari, come l’accordo che l’ente ha siglato con Simest nel gennaio 2024.

Proprio Gabriella Severi di Simest ha spiegato la nuova Misura Africa e lo strumento Potenziamento Mercati Africani, che prevedono diverse misure a favore delle imprese, sostenute grazie ad una riserva dedicata di 200 milioni all’interno del Piano Mattei. Tra queste rientrano finanziamenti a tasso agevolato, contributi a fondo perduto fino al 20% e sostegno alle spese per la formazione e la contrattualizzazione di personale africano in Italia o in Africa.

La seconda parte della prima giornata si è concentrata sugli incontri con le delegazioni di Egitto, Marocco, Algeria e Tunisia, che hanno messo in luce le eccellenze e le opportunità di investimento dei rispettivi Paesi.

La finestra dedicata alla delegazione egiziana si è aperta con le testimonianze di Giorgio Lagi e Lorenzo Barenghi per Unicredit, che hanno posto l’accento sull’importanza di una banca transnazionale per supportare le aziende italiane nel processo di internazionalizzazione. Ad oggi, i dati evidenziano che il 20% dei flussi di esportazioni italiane vengono assicurate da lettere di credito Unicredit. Attualmente Unicredit collabora con Contship Italia per la realizzazione di un nuovo terminal container nel Porto di Damietta, coinvolgendo stakeholder locali, società di consulenza e studi legali internazionali.

Riham Balbaa, vicepresidente di MELC Group, ha fornito una panoramica sulla situazione degli investimenti logistici in Egitto, evidenziando le strutture portuali più importanti distribuite lungo i 3.000 km di costa tra Mediterraneo e Mar Rosso, come Sokhna, Safaga, East Port Said [che raggiungerà un volume di 5,3 milioni di TEU entro il 2030], Damietta, Alessandria [rispettivamente secondo e primo porto nazionale] ed Abukir. Al centro degli interventi previsti dal Cairo c’è il potenziamento dell’intermodalità tra porti, ferrovie ed autostrade per migliorare l’interconnettività.

Hany Abdel Rashid, AD di Tarros Med Egypt, ha elencato 12 progetti innovativi in fase di realizzazione, tra cui nuove ferrovie, anche ad alta velocità, centri commerciali e residenziali, dighe, opere di canalizzazione artificiale, centrali nucleari ed elettriche. Come rappresentante anche della divisione egiziana CarBox, società di trasporto su gomma del gruppo Tarros, con quartier generale proprio a La Spezia, Rashid ha rimarcato la rilevanza di questo nuovo progetto italo-egiziano, che ha aperto che nell’agosto 2023 la sede di Alessandria.

La delegazione marocchina ha messo in luce alcune importanti caratteristiche del proprio Paese, come la posizione strategica tra Mar Mediterraneo ed Oceano Atlantico, oltre ad una forte stabilità economica e politica. Questo, ha specificato Najib El Karkouri, direttore della Marina Mercantile nazionale, ha portato il Marocco a cercare una maggiore liberalizzazione del trasporto marittimo nonché a sviluppare l’industria, il turismo (in forte crescita) e il comparto energetico.

L’intervento è stato l’occasione per presentare il porto Tangeri Med, ribattezzato per l’occasione “The African Gateway”, in virtù della sua collocazione sulla sponda sud dello stretto di Gibilterra. Hassan Abkari, AD della locale Autorità Portuale, ne ha riassunto i numeri: quarto porto container più efficiente al mondo, primo porto sia dell’Africa che dell’intero Mediterraneo, 120 milioni di tonnellaggio merci, di cui 10 milioni in idrocarburi, e 8,6 milioni di TEU movimentati nel 2023, di cui almeno la metà proveniente o destinata al mercato africano. L’intenzione è che questo hub ricopra sempre di più il ruolo di cerniera tra Africa ed Europa, rafforzando i collegamenti nelle due direzioni.

Ahmed Benhaddou, direttore generale esecutivo del Maroc Fruit Board, ha rimarcato l’importanza del settore ortofrutticolo nel contesto economico nazionale. I dati evidenziano il primato dell’export, soprattutto di pomodori e verdure, prodotti di cui il Marocco esporta circa 100.000 tonnellate verso il Nord America grazie a strutture logistiche avanzate, stakeholder internazionali e una catena logistica di primo livello. Oggi, la sfida principale di questo settore è rappresentata dal cambiamento climatico e, di conseguenza, dal comparto energetico che impone una transizione green. A tal proposito, il Marocco sta già schierando tecnologie d’avanguardia, facendo da apripista su molti fattori cruciali come lo sviluppo di nuove tecniche di irrigazione.

L’intervento della delegazione algerina ha ribadito come il proprio Paese costituisca una porta naturale verso l’Africa subsahariana. Zohir Benhammou, membro onorario del CAPC, ha illustrato le prospettive commerciali del Paese, individuando in particolare alcune tratte ferroviarie che consentono di proseguire verso l’Africa Centrale il flusso merci in arrivo nei porti costieri.

Gli imprenditori italiani interessati ad affacciarsi sul mercato algerino possono trovare interessanti opportunità, bassi costi del lavoro [il salario minimo è di circa €140/mese] e dell’energia [l’acqua in particolare costa 50 volte meno che in Italia, mentre l’energia elettrica circa 16 volte in meno], a fronte di un modello d’istruzione molto simile a quello europeo, che forma specialisti di alto livello in svariati settori, tra cui quello farmaceutico, petrolchimico, agricolo, energetico, estrattivo, dei fertilizzanti e della trasformazione dei derivati del petrolio. In particolare, il settore agricolo necessita di una forte meccanizzazione sia produttiva che distributiva [catena del freddo] per esprimere al meglio il suo potenziale.

A questo riguardo, Bonifiche Ferraresi ha da poco firmato un accordo per la produzione di cereali nella zona desertica nel Sud del Paese. Nel settore automotive algerino ad investire è soprattutto Stellantis, che nel nuovo stabilimento di Orano si è posta l’obiettivo di realizzare fino al 40% della componentistica.

Oggi l’Algeria deve affrontare sfide, come la gestione delle risorse idriche e lo sfruttamento delle energie rinnovabili, che hanno bisogno di tecnologie all’avanguardia, quali ad esempio gli impianti fotovoltaici e di desalinizzazione, per le quali guarda agli investitori stranieri. Dal punto di vista infrastrutturale, invece, sono attivi nel Paese circa 4.500 km di rete ferroviaria, di cui il 90% deve tuttavia ancora essere elettrificato: un’altra importante occasione d’investimento.

La delegazione tunisina ha stupito per i numeri presentati e per i progetti già realizzati. Il Paese, infatti, ospita già 900 aziende italiane sul territorio, come evidenziato da Wissem El Hani, direttore della sede milanese di Foreign Investment Promotion Agency (FIPA) per la Tunisia, attiva già dagli anni Novanta. Il partenariato con l’Italia è favorito dalla stabilità economica e dalla vicinanza geografica, e il legame autentico di collaborazione ha visto Roma salire dal terzo al secondo posto per flussi di investimenti tra il 2023 e il 2024.

Il tessuto economico del Paese è per l’80% industriale, con prevalenza del settore tessile e calzaturiero, volto soprattutto all’esportazione. Più in generale, la Tunisia si è mostrata molto reattiva agli investimenti esteri, ospitando oltre 4.000 aziende straniere che hanno già generato più di 450.000 posti di lavoro, soprattutto nei comparti meccanico, elettronico e farmaceutico. Ciò è avvenuto anche grazie all’elevata professionalizzazione del capitale umano.

La Tunisia è infatti il secondo Paese al mondo per incidenza di laureati in ambito STEM sull’intera popolazione studentesca, con più di 2.200 imprese attive nel settore digitale. A tal proposito, lo scorso settembre, Nvidia Corporation ha inaugurato Novation City, il primo polo africano dedicato all’Intelligenza Artificiale. La Tunisia si distingue anche nell’agroalimentare, come secondo produttore mondiale di olio d’oliva, dopo la Spagna, e primo esportatore africano di prodotti biologici.

Gli investitori stranieri in Tunisia sono favoriti soprattutto da un sistema legislativo e fiscale favorevole, che prevede finanziamenti a fondo perduto ed esenzione fiscale per i primi anni di attività; è rilevante anche il basso prezzo dei terreni edificabili su cui stabilire gli impianti produttivi.

La sponda sud del Mediterraneo sta già ampiamente mostrando le potenzialità del Continente nel suo processo di trasformazione in un attore economico di primo piano a livello mondiale, in virtù di fattori determinanti: popolazione molto giovane, disponibilità di risorse energetiche e innovazione tecnologica in collaborazione con i partner internazionali.




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